Il cardiologo Andrea Natale, considerato uno dei maggiori innovatori al mondo nella cura delle aritmie atriali, è all’avanguardia nella ricerca di una cura definitiva all’“epidemia fibrillazione atriale”, ma confida nel successo della manipolazione genetica, che “tra circa 10- 20 anni ci consentirà di individuare ed alterare i geni responsabili della condizione che tra Europa e USA affligge quasi 10 milioni di persone”. Di Raffaella Quieti dal titolo: “Fibrillazione atriale, l’epidemia del ventunesimo secolo? “Quale dimensione ha assunto questa condizione? Si tratta della forma più frequente di aritmie presente nella popolazione. Negli Stati Uniti ad oggi si calcolano due milioni e mezzo di pazienti con FA come diagnosi primaria, e circa 5 milioni di pazienti con altre diagnosi in cui la FA è presente. In Europa ci sono 4.5 milioni di casi mentre negli USA 5.1 milioni. Studi più recenti suggeriscono che dopo i 40 anni una persona su 4 è a rischio di sviluppare la fibrillazione atriale. Le ammissioni in ospedale, causate da fibrillazione atriale, sono aumentate del 60% negli ultimi 20 anni. Ci si aspetta che entro il 2050, il numero di persone affette dalla condizione sara’ raddoppiato. I costi sanitari associati sono enormi: negli USA si parla di €5.2 miliardi mentre in Europa €6.2 miliardi all’anno.Il soggetto con fibrillazione atriale corre un rischio d’ictus 6 volte maggiore rispetto ai pazienti con un ritmo cardiaco normale. Secondo le stime dell’American Heart Association, la FA è all’origine del 20% degli ictus. In passato la condizione veniva trattata con farmaci, mai rivelatisi molto efficaci. Negli ultimi dieci, quindici anni abbiamo sviluppato tecniche ablative risolutive. Sono state identificate possibili cause, e quali sono ad oggi le terapie utilizzate? Negli ultimi anni siamo diventati consapevoli dell’importanza della predisposizione genetica, sulla quale influiscono fattori di rischio. L’ipertensione e la sindrome metabolica sono in crescita nel mondo occidentale. Le condizioni legate al benessere quali l’obesità, l’apnea notturna, il diabete, la sedentarietà e l’ipertensione, favoriscono la fibrillazione atriale quando c’è di base una predisposizione genetica. Il trattamento della fibrillazione atriale include la riduzione del rischio di stroke, con l’utilizzo di farmaci per fluidificare il sangue. Il tradizionale farmaco anticoagulanti richiede però un frequente monitoraggio, a causa delle interazioni con la dieta alimentare o altri farmaci, rendendo la terapia difficile da seguire. I farmaci più recenti non presentano questi problemi ma possono sempre causare sanguinamenti. In casi di pazienti non anziani con fibrillazione atriale parossistica, sintomatica e farmaco-resistente, in presenza di atri di dimensioni normali o lievemente aumentate, l’alternativa consigliata e’ l’intervento da ablazione transcatetere. Nei centri che hanno maturato esperienza in questa tecnica, la percentuale di successo raggiunge l’80%. Lei è considerato uno dei maggiori innovatori nella cura delle aritmie: quali sono le ultime novità? Nei centri specializzati, vengono proposte diverse tecniche ablative, ma non tutte funzionano. Esistono ‘guidelines’ e ‘consensus documents’, e possiamo identificare centri di eccellenza in questa tipologia di trattamento, che in base alle evidenze scientifiche, hanno definito la tecnica più efficace, e le aree che richiedono studi più approfonditi. Esistono tre gruppi di pazienti, differenziati in base alla manifestazioni clinica della condizione. I pazienti affetti da una F.A. che si manifesta e scompare spontaneamente sono denominati parossistici. I pazienti affetti da tale condizione, che richiede cardioversione elettrica o l’uso di farmaci antiarritmici per ripristinare il ritmo sinusale, sono definiti persistenti, ed il gruppo recentemente individuato dei ‘long standing persistent’, designa i pazienti che, nonostante la cardioversione o i farmaci antiaritmici, sono rimasti in fibrillazione atriale per almeno un anno. Come si puo’ facilmente intuire, si tratta del gruppo piu’ difficile da trattare anche con tecniche ablative. Nei pazienti parossistici le ‘vene polmonari’ vanno ablate, e la tecnica risulta efficace nel 70-80% dei casi. Nei rimanenti, oltre alle vene polmonari bisogna ricercare siti cardiaci alternativi dove individuare i triggers. Nei casi di fibrillazione atriale non parossistica, occorre comunque intervenire sulle vene polmonari, anche se nella maggioranza dei casi l’intervento non si rivela sufficiente. Si tratta di un ambito di ricerca nel quale i vari centri ospedalieri propongono soluzioni diverse. La nostra equipe ha individuato foci innescanti ubicate in siti alternativi alle vene polmonari ed alla parete posteriore atriale che sono ad esempio l’appendice atriale ed il seno coronarico sinistro. B isogna aggiungere che la metodica del monitoraggio e follow-up clinici è fondamentale. Nel nostro centro ad esempio abbiamo un gruppo di infermieri specializzati che effettuano un monitoraggio molto accurato sui pazienti.In assenza di una struttura adeguata i risultati diventano poco attendibili. L’ulteriore limite è costituito dalla manualità dell’operatore: l’esperienza dell’operatore svolge un ruolo fondamentale ai fini del risultato. Per permettere agli operatori con meno esperienza di raggiungere buoni risultati sono state quindi sviluppate, ed altre sono in fase di sperimentazione, diverse nuove tecnologie. Quali sono le tecnologie più avanzate? Sono stati creati sistemi robotici e di controllo a distanza con magneti grazie ai quali si può effettuare l’isolamento delle vene polmonari con il raffreddamento o l’energia laser erogati attraverso un palloncino. Più recentemente sono stati ideati cateteri che registrano la pressione di contatto. L’aderenza tra catetere e tessuto ha un forte impatto sulla qualità dell’intervento ed il risultati della procedura. La tecnologia però aiuta solo se vengono utilizzate procedure dimostrate efficaci da più centri. Nel caso di pazienti parossistici, se le vene polmonari sono l’unico sito responsabilie, una procedura unica affidata alle mani di un esperto operatore dovrebbe permettere di raggiungere il successo terapeutico. Se invece sono presenti altri triggers, come avviene spesso nel caso dei pazienti cronici, le probabilità che ci sia bisogno di due procedure aumenta in maniera considerevole. I pazienti cronici devono essere consapevoli della possibiltà di dover fare più interventi e dell’importanza di altre aree anatomiche delle camere atriali oltre le vene polmonari. In passato ha sollevato la possibilità di una connessione tra il profilo psicologico del paziente e gli episodi di fibrillazione atriale. Ha condotto studi sull’argomento? Nel nostro centro, sottoponiamo tutti i pazienti a questionari sulla qualità della loro vita. Raccogliamo dati sul livello del loro stress emotivo e su problemi di natura psicologica, prima della procedura e durante il follow-up. La presenza di fibrillazione atriale influenza negativamente la qualità della vita, ed ha un impatto specifico sul benessere psicologico del paziente. I pazienti affetti soffrono spesso di depressione. Quando il problema è risolto, il miglioramento è notevole. L’impatto negativo della fibrillazione atriale è più importante in certi profili di pazienti; ad esempio, coloro i quali sono già affetti da sindrome metabolica sembrano rispondere in maniera più drammatica al successo terapeutico rispetto a pazienti giovani non affetti da altre patologie. Lo stesso principio è valido nel caso di pazienti vittime di altre patologie cardiache: il miglioramento del profilo psicologico che avviene in seguito al successo terapeutico, è molto più evidente, rispetto ai pazienti affetti esclusivamente da F.A. Quale futuro prevede/auspica per la terapia delle aritmie? è fondamentale testare nuove tecnologie, nuovi concetti e nuove procedure. Nel nostro caso, effettuiamo test clinici in collaborazione con studi multicentrici. Grazie al contributo di altre strutture, abbiamo stabilito quali sono le procedure che funzionano meglio. Il secondo elemento individuato insieme ad altri centri specializzati è l’individuazione di trigger al di fuori delle vene polmonari soprattutto nel caso di pazienti cronici. Stiamo quindi valutando la possibiltà di ablare determinati siti cardiaci al di fuori delle vene polmonari, nei pazienti cronici, già a partire dalla prima procedura per raggiungere il pieno successo effettuando un unico intervento. La conclusione di questo studio arriverà tra uno o due anni. Uno dei settori piu’ promettenti in questo campo, è rappresentato dalla ricerca della genetica, che offrirà la possibilta’ di individuare tutti i geni responsabili della fibrillazione ed alterarli. Sarà quindi la manipolazione genetica, che tra 10 o 20 anni, ci dara’ la risposta definitiva a questa condizione. Lo stesso è vero per l’utilizzo delle cellule staminali che allo stato attuale sono testate solo in modelli animali sperimentali. Quali sono i problemi e gli ostacoli allo sviluppo dell’aritmologia? In generale tutti i settori della medicina sono colpiti dal problema importante della mancanza di fondi per la ricerca, peggiorato drammaticamente dall’attuale crisi economica. Negli USA ci si dimentica che l’industria, vista come un demonio, offre invece la possibilità, in collaborazione con i medici, di sviluppare tecnologie fondamentali ai fini del progresso della ricerca medica. è giusto voler evitare conflitti di interesse, ma di fatto senza i fondi dell’industria, i passi avanti nel nostro settore sarebbero molto limitati.
L’Elettrofisiologia è lo studio e la terapia delle aritmie cardiache. La classica procedura di elettrofisiologia (studio elettrofisiologico) prevede una prima parte durante la quale viene investigata l’attività elettrica cardiaca normale e durante aritmia provocata. Quando necessaria e praticabile, nella seconda parte della stessa seduta viene praticato il trattamento terapeutico che può essere di ablazione transcatetere o impianto di pacemaker o defibrillatore
Andrea Natale è il Direttore Medico Esecutivo del Texas Cardiac Arrhythmia Institute, cenro internazionale per la ricerca, la formazione e la terapia delle aritmie cardiache e della fibrillazione atriale. Cardiologo di fama mondiale, si è laureato in medicina e specializzato in cardiologia in Italia, ma si è trasferito subito dopo la laurea a Houston, ed in seguito all’Università del Winsconsin per specializzarsi in elettrofisiologia. Dal 1999 al 2007 ha diretto il centro di elettrofisiologia cardiaca della Cleveland Clinic, e dal 2008 dirige il centro per la cura delle aritmie di Austin, in Texas. Il Prof. Natale, ha sviluppato ed esegue una procedura che prevede l’impiego di cateteri e energia a radiofrequenza per disconnettere elettricamente aree del cuore da cui origina il ritmo anomalo della fibrillazione atriale.