di Alessia Addari
Definita dall’OMS “un problema globale di enormi proporzioni” la principale causa di mortalitˆ con ben 2 miliardi di infetti nel mondo.
La patologia tubercolare è una delle più antiche: tracce sono state riconosciute fin negli scheletri del neolitico ed era nota in Cina 3000 anni a.C. “Ogni anno – spiega Alfonso Altieri, Responsabile Nazionale del Gruppo di Studio ”Tubercolosi” dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – se ne ammalano otto milioni, di cui due muoiono a causa della malattia, che è la principale causa di morte nelle persone affette da HIV o AIDS. I dati italiani parlano di 7-8 nuovi casi per 100 mila abitanti, con 500-800 morti per anno, dati allarmanti e, purtroppo, ancora abbastanza stabili e gravati da una importante sottostima. In particolare, le Regioni del sud e delle Isole registrano solo il 10% dei casi totali, mentre Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio ne detengono ben il 73%, senza contare le città di Milano e di Roma, dove se ne registra la più alta concentrazione, pari addirittura il 20% dei casi complessivi.
Secondo i dati appena forniti, è corretto parlare di “emergenza” tubercolosi in Italia?
Al momento sono alcuni i fattori allarmanti presenti nel nostro Paese: dall’invecchiamento della popolazione con le patologie ad essa correlate, ai flussi migratori da paesi ad alta incidenza di tubercolosi, a cui si aggiunge poi la presenza di sacche di povertà con degrado socio culturale, che investono in particolare la popolazione straniera e irregolare, della quale è però assai difficile valutare l’incidenza della patologia. Inoltre, come nel resto dell’Europa occidentale, la proporzione di persone nate fuori dal nostro Paese sul totale dei malati di tubercolosi è andata via via aumentando nell’ultimo decennio, essendo ormai prossima al 50%, con una diminuzione dei casi in persone provenienti dall’Africa, a fronte di un incremento in soggetti che giungono dall’Est europeo. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito ad un sensibile aumento del numero dei casi tra gli immigrati, passando da un 10% del 1995 a ben un 44% del 2005. Ciò, in particolare, a causa della crescita della popolazione straniera in Italia che, nel lasso di tempo in questione, è passata da 700 mila a più di 2 milioni. Numeri importanti, che testimoniano un rischio relativo per questi soggetti di contrarre la tubercolosi di circa 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana anche se, bisogna evidenziare, con un impatto praticamente nullo sul rischio di malattia nella popolazione autoctona. I dati sono, inoltre, inevitabilmente destinati a crescere per la possibile migrazione dall’Asia (Cina e India) e dall’Africa sub sahariana dove i tassi di incidenza della malattia sono molto alti”.
In che modo questa malattia può essere trasmessa?
“La tubercolosi polmonare – risponde Alfonso Altieri – è una malattia infettiva contagiosa a trasmissione aerea. Il paziente infetto diffonde i batteri tubercolari nell’ambiente con i colpi di tosse e soltanto gli individui che sono a contatto stretto e prolungato possono contrarla ed eventualmente anche ammalarsi (marito e moglie, genitori e figli, colleghi che condividono il medesimo luogo di lavoro per molte ore)”.
Quanti individui si possono contagiare a fronte di una persona affetta da tubercolosi?
Per ogni singolo caso di tubercolosi attiva si possono infettare ogni anno 10 soggetti esposti, ma non tutti ovviamente si ammalano. Per questo motivo è fondamentale una diagnosi precoce ed un trattamento corretto. Il target globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è quello di diagnosticare almeno il 70% dei casi contagiosi per curarne almeno l’85%, in modo da ridurre la trasmissione della malattia e diminuire così il numero dei casi nel mondo .
Oltre all’intradermoreazione di Mantoux, che per circa cento anni ha contribuito diagnosticare infezione tubercolare, quali altri test consiglierebbe?
Da qualche tempo si sono affiancati test immunologici su sangue che hanno il vantaggio di essere più sensibili e precisi, non dipendenti dalla manualità dell’operatore e non inficiati da concomitante malattia da micobatteri non tubercolari o da una precedente vaccinazione con BCG. Bisogna comunque sottolineare che questi ultimi non sono assolutamente in grado di elaborare una diagnosi di malattia, ma solo di un avvenuto contatto col micobatterio tubercolare, così come accade con l’intradermoreazione di Mantoux .