La capsulite adesiva o spalla congelata è un’infiammazione della capsula articolare della spalla che ne provoca l’ispessimento fino a bloccare i movimenti. Colpisce maggiormente le donne tra i 35 e i 55 anni. Fondamentale è la collaborazione tra ortopedico, radiologo e fisiatra per la corretta diagnosi e cura
Un dolore forte alla spalla che aumenta velocemente fino a non permettere di muovere l’articolazione gleno-omerale. Si tratta della ‘spalla congelata’, ovvero la capsulite adesiva, l’infiammazione e il progressivo ispessimento della capsula articolare della spalla, senza evidenza di lesioni strutturali capsulo-legamentose.
Sebbene possa colpire pazienti di tutte le età tipicamente sono affette da capsulite adesiva le donne con un’età compresa tra i 35 e 55 anni. Studi epidemiologici hanno dimostrato che, includendo i quadri più o meno complessi, la capsulite adesiva arriva a colpire circa il 2% della popolazione generale.
Come spiega il Dottor Riccardo Compagnoni, Ortopedico della I Clinica Ortopedica dell’ASST Gaetano Pini-CTO, i sintomi tipici della spalla congelata (dolore e la limitazione dell’articolarità della spalla) si presentano con una sequenza tipica descritta in 4 fasi dal Dottor Robert J. Neviaser nel 1962.
“La prima fase è caratterizzata da dolore acuto e che aumenta velocemente, senza però limitare il movimento della spalla.
Nella seconda fase si assiste a una significativa limitazione dei movimenti, specialmente dell’extra-rotazione, dovuta alla retrazione capsulare, ossia alla contrattura. In questa seconda fase il dolore è presente anche a riposo e poco responsivo ai comuni anti-infiammatori, ma può essere alleviato da un ciclo di infiltrazioni con cortisone intra-articolare. Tale fase può durare anche mesi ed è sconsigliato iniziare una fisioterapia troppo aggressiva in quanto potrebbe infiammare ulteriormente la capsula rallentando il processo di guarigione.
Nella terza fase la spalla è ancora congelata ma il dolore è presente solo ai massimi gradi di escursione articolare, la fisioterapia può essere intrapresa con estrema delicatezza.
Nella quarta fase si assiste alla scomparsa del dolore e al progressivo recupero funzionale, è possibile intensificare la fisioterapia che nella maggior parte dei casi porta a un pieno recupero”.
Ad oggi non si conoscono le cause dell’insorgenza della spalla congelata ma, dice l’ortopedico, “alcune ricerche sostengono una possibile correlazione con patologie autoimmuni”. Per quanto concerne le terapie, invece, devono essere mirate al controllo del dolore e al recupero dell’articolarità: “Nella prime due fasi, quelle più dolorose, si raccomanda un’adeguata terapia con anti-infiammatori e anti-dolorifici, associata a un ciclo di infiltrazioni. Dalla terza fase è possibile iniziare con una delicata e progressiva fisioterapia, mirata al recupero dell’articolarità della spalla, sempre evitando di forzare i movimenti se si sente dolore”.
Come sottolinea il Dottor Compagnoni, la capsulite adesiva o spalla congelata è una patologia che non richiede trattamenti chirurgici: “Il rischio di un’errata diagnosi è proprio quello di confondere il quadro iniziale doloroso con una lesione della cuffia dei rotatori, sottoponendo il paziente a un intervento che può accentuare l’infiammazione locale rallentando la guarigione”. Rischi che possono essere evitati inquadrando correttamente la patologia, con la presenza di risonanze magnetiche ad alta definizione e di medici radiologi specializzati che permettono di evidenziare in molti casi l’ispessimento capsulare antero-inferiore e soprattutto di escludere patologie concomitanti. “Il servizio di radiodiagnostica garantisce la possibilità di eseguire ecografie da parte di medici con grande esperienza nella diagnostica della spalla che possono fornire informazioni molto utili per l’inquadramento clinico”, spiega l’esperto.
È inoltre utile la programmazione della fisioterapia, con conseguente piano riabilitativo “Il fisiatra stila il Progetto Riabilitativo Individuale per il paziente – spiega il Dottor Alessandro Tomba – che può comprendere l’utilizzo di terapie fisiche a scopo antiinfiammatorie, come la tecarterapia e laserterapia ad alta potenza, e un programma di rieducazione assistita per il recupero articolare che deve avvenire il più precocemente possibile nel rispetto delle fasi di evoluzione della patologia. Il fisioterapista applica il programma riabilitativo attraverso tecniche di mobilizzazione passiva di tutte le articolazioni del cingolo scapolare e di assistenza ai movimenti attivi da parte del paziente con un attento monitoraggio della sintomatologia dolorosa onde evitare un ulteriore stimolo infiammatorio e la sviluppo di reazioni di difesa. Recuperata la mobilità dell’arto il paziente può seguire un programma di rinforzo della muscolatura della cuffia dei rotatori della spalla e la rieducazione al gesto funzionale”.