di Raffaella Quieti
Il Direttore del Centro Infertilità dell’Università di Yale, segretario della società internazionale “Fertility Preservation” e Vice Presidente della Società Americana di Medicina Rigenerativa (USA), il Professore Pasquale Patrizio sfida la condizione che affligge 73 milioni di persone nel mondo.
Negli Stati Uniti da 23 anni, dopo la laurea con lode e specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia e la specializzazione in Andrologia, il Professor Pasquale Patrizio lascia Napoli per specializzarsi nuovamente negli USA, dove ha sviluppato tecniche chirurgiche e scoperte che hanno catalizzato una profonda evoluzione nel campo dell’infertilità.
Professor Patrizio, quali sono i suoi contributi alla lotta contro l’infertilità?
Nel 1988 ho messo a punto insieme al Professor Sherman Silber all’Università della California, Irvine, una tecnica per combattere l’infertilità maschile, diretta ai pazienti privi di vasi deferenti, i quali fino ad allora non potevano avere bambini. Grazie alla tecnica che abbiamo definito MESA (Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration) siamo riusciti a prelevare gli spermatozoi dall’epididimo dei pazienti privi di vasi deferenti ed usarli per fertilizzare in vitro le uova delle loro partners. Nel 1988 ho riportato sulla rivista “Lancet” la nascita dei primi due bambini al mondo grazie alla micro-chirurgia MESA. Attualmente questa tecnica viene utilizzata in tutto il mondo. Successivamente, mi sono interessato ai motivi per i quali questi pazienti nascevano senza i vasi deferenti. E tramite ricerche genetiche sulla condizione, ho scoperto che tali soggetti soffrono di una forma lieve di fibrosi cistica. Ho pubblicato queste mie ricerche in due articoli apparsi sul Journal of Human Reproduction, nel ’93. La scoperta di mutazioni nel gene della fibrosi cistica ha posto le basi per effettuare screening genetici di routine per coppie affette da infertilità da assenza dei vasi deferenti, in modo da prevenire la nascita di bambini affetti dalla fibrosi cistica. Nel ‘96 inoltre, ho effettuato studi su uomini che producono una quantita’ minima di spermatozoi (il 10% della popolazione infertile maschile), identificando la causa nella presenza di microdelezioni del cromosoma Y. Questa scoperta pubblicata sul Lancet nel 1996, ha anche dimostrato, tramite tecniche di riproduzione assistita quali l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI), come sia possible trasmettere queste microdelezioni in figli maschi, ed ha rafforzato il bisogno di effettuare screening genetici di routine per maschi infertili. Negli anni 2000/2002, poi, tramite una collaborazione con l’istituto di Medicina Veterinaria di Philadelphia diretto dal Dottor Brinster, siamo riusciti ad isolare e congelare spermatogoni umani da biopsie testicolari. Gli spermatogoni rappresentano le cellule staminali del testicolo, ossia quelle cellule da cui originano gli spermatozoi, per tutta la vita del mascio adulto. Poichè questi spermatogoni erano difficilmente isolabili, questa scoperta ha reso possible la loro crioconservazione. Una volta conservati, gli spermatogoni, possono essere poi ri-trapiantati in maschi diventati infertili a causa di terapie sterilizzanti (quali ad esempio la chemio). Questo studio è stato premiato nel 2002 con ben due awards della Società Americana di Medicina Riproduttiva.
Quali traguardi ha raggiunto nel campo dell’infertilità della donna?
Dopo 7 anni di attività clinica ed insegnamenti all’Università della Pennsylvania, nel 2004 sono stato chiamato a dirigere il centro di infertilità della Yale University. Qui, il mio interesse si è diretto verso lo studio dell’infertilità femminile e della fertilizzazione in vitro. In particolare ho tentato di capire i motivi del vasto dispendio di materiale biologico che si ottiene durante le tecniche di fertilizzazione in vitro. In pratica, perchè solamente il 30-40% dei cicli produce una gravidanza? Quali sono i principali responsabili di questi insuccessi? La risposta è nella qualità delle uova. In una serie di studi finalizzati a migliorare l’efficienza della fivet, e pubblicati tra il 2005 ed il 2010, mi sono reso conto che soltanto una quantità bassissima di embrioni (circa il 20%) riesce a produrre una nascita, mentre gli altri 80% di embrioni, seppur trasferiti, non si impiantano. Questa bassa “resa” è a sua volta dovuta alla qualità delle uova. Infatti si è scoperto che durante un ciclo di fertilizzazione in vitro, solamente il 5-7% delle uova raccolte ed utilizzate, riesce a produrrre una nascita.
Quindi le domande alle quli cerchiamo risposte, sono:
a) come mai c’è una così scarsa resa biologica?; b) che cosa contribuisce al basso potere riproduttivo? c) lo si può migliorare; d) si possono identificare in laboratorio le uova con alta efficienza riproduttiva? Siamo riusciti a decifrare i messaggi genetici di uova mature e di buona qualità e stiamo adesso molto vicini a capire tramite l’analisi delle cellule che lo circondano (cosidette cellule del cumulo), a diagnosticare l’uovo competente prima dell’inseminazione. (all’uopo ho un brevetto per questa ricerca insieme al collaboratore inglese D.Wells, di Oxford).
Professor Patrizio di quali altri aspetti della fertilità si è interessato?
Nel 2003 ho ottenuta una Laurea in Bioetica dall’Università di Pennsylvania, e lo scorso anno ho realizzato insieme al rinomato bioetico Dottor Arthur Caplan, alcune ricerche sull’etica di problematiche nel nostro campo. Da 10 anni, inoltre, mi occupo anche di tecniche per la conservazione della fertilità in donne che sono state colpite da cancro, l’onco-fertilità. Nel 2006 ho pubblicato linee guida per oncologi negli USA e nel resto del mondo, su come proteggere la fertilità futura delle donne affetta da cancro in età riproduttiva. Le tecniche di conservazione della fertilità suggerite, includono il congelamento del tessuto ovarico, delle uova, o degli embrioni. Collaboro inoltre con la Società Americana della Medicina Rigenerativa, branca della medicina riproduttiva che si interessa dello studio su cellule staminali e sul loro potere rigenerativo.
Quali sono gli elementi chiave che possono aiutare gli uomini e le donne che hanno difficoltà a concepire ? Il fattore di importanza fondamentale è quello della diffusione di informazioni accurate quali ad esempio la durata della “finestra riproduttiva” della donna. Le donne che hanno deciso di dedicare anni alla propria carriera. devono procurarsi la possibiltà di mettere al sicuro la propria fertilità, ad esempio congelando le proprie uova. Oggi questa tecnica funziona così bene, che è un vero peccato non approfittarne. Trovo che le donne non vengono informate correttamente dai media e posticipano la consultazione con l’esperto in fertilità. Mi capita di fare consulenze a donne di 40 anni che mi portano l’esempio della signora di 45 anni cha ha avuto gemelli. La stampa spesso omette il fatto che i gemelli in questione non sono nati dalle uova della neo-mamma. Se non si è incontrato, come si dice qui negli USA, Mr Right, consiglio di congelare il proprio futuro riproduttivo. Inoltre se la coppia che cerca di concepire ha già provato per sei mesi, non deve aspettare ulteriormente prima di consultare uno specialista di medicina riproduttiva. Bisogna cercare di capire il più presto possible quali sono le possibili cause dell’inferitilità. Oggi la genetica ci permette di capire la quasi totalità della casistica dell’infertilità. Fino a 10 anni fa, il 25% dell’infertilità era inspiegato. Oggi grazie a screening genetici, la percentuale è scesa al 15%. In sostanza, dobbiamo cercare di capirne di più e non offrire solamente un trattamento “al buio”.
Professore quali sono le difficoltà attuali e le prospettive future della ricerca sull’infertilità?
Attualmente non abbiamo abbastanza finanziamenti, in seguito alla recente riduzione dei fondi destinati alla ricerca negli USA. Prima inoltre, contavamo sulle sponsorizzazioni delle case farmaceutiche, ma sono drasticamente diminuite anche quelle, quindi si soffre un pò. Il futuro risiede sempre più negli investimenti privati. Già avviene che enti privati invenstano nel settore, senza trascurare il loro notevole ROI. Una delle difficoltà che la nostra comunità scientifica cerca di superare è quella di non essere in grado di riconoscere l’embrione competente, per questo ne trasferiamo due come minimo. Questo è il campo di ricerca nel quale alcune compagnie private, come la Molecular Biometrics, inc., stanno investendo.
Quale aspetto del suo lavoro le da più soddisfazione o trova più frustrante?
Le mie frustrazioni si concentrano tutte il quel 15% dei casi di fertilizzazione, nei quali tutto sembra rientrare nella norma, ma la gravidanza non avviene, e non si riuscire a trovarne la causa. La mia più grande soddisfazione si verifica quando il risultato del test di gravidanza è positivo, e si percepisce per la prima volta il battito cardiaco. O quando le mamme tornano nel nostro centro per fare una foto con la nostra equipe, e ci danno il bambino in braccio. Ecco, mentre per la coppia quel bambino “in braccio” è la gioia, per me rappresenta la soddisfazione di aver curato mesi di frustrazione ed ansia.
A lato: Dr Patrizio nel suo laboratorio durante la criopreservazione di ovaio intero.
Dr Patrizio mentre relaziona al Meeting Internazionale di Scienza della Riproduzione Umana a Siracusa, Maggio 2010.