Cinque fattori da coltivare sin da piccoli spiegati nella prima inchiesta italiana sul potenziamento cerebrale.
In termini di longevità abbiamo recuperato circa 10/15 anni di vita nell’ ultimo secolo, un vantaggio competitivo tale solo se questo nuovo patrimonio di anni vengono vissuti pienamente e senza gravi malattie o sofferenze. Una buona notizia, se non fosse che i nostri ‘tempi supplementari’ sono caratterizzati da un inesorabile declino sia fisico che mentale. Le malattie neurodegenerative sono in agguato e così le disabilità. L’80% delle spese del nostro sistema sanitario finiscono così nel buco nero delle malattie croniche e talora incurabili.
Come illustrato in “Cervello senza limiti” della giornalista Johann Rossi Mason, la ricerca ha scoperto come per avere una quarta e quinta età in salute sia necessario fare una serie di investimenti sin dalla giovane età concentrandosi a indagare i fattori che costituiscono i tasselli della salute cerebrale in età avanzata e hanno scoperto che alcuni soggetti godono di una ‘riserva cognitiva’, termine con il quale si indica una forma di ‘resilienza’ del cervello ai danni dati da età, traumi, eventi acuti come l’ictus e invecchiamento. Gli studiosi si sono accorti infatti che alcuni soggetti con segni clinici di malattie degenerative come Alzheimer e Parkinson, mostravano sintomi ed effetti della malattia in maniera più sfumata, spesso non in grado di impattare sulla vita quotidiana.
Questa forma di ‘cuscinetto’ protettivo sarebbe di due tipi: già uno studio del 1988 (pubblicato sulla prestigiosa rivista Annals of Neurology) dimostrava che il cervello di queste persone era più pesante e contava su un maggior numero di neuroni. Il che ha rafforzato l’idea che un maggior numero di cellule nervose costituiscano una sorta di ‘buffer’, da mettere in campo per compensare, almeno temporaneamente, i danni neurologici. Quoziente intellettivo in età infantile e scolare, grado di istruzione e numero di anni trascorsi a studiare dello status socioeconomico e lavorativo, qualità delle esperienze extra lavorative sono i fattori principali che agirebbero anche in maniera cumulativa. Più fattori positivi, maggiore riserva.
Un’altra ricerca ha analizzato 22 ricerche e le ha passate al setaccio estrapolandone i risultati: 10 su 15 hanno confermato un effetto protettivo dell’istruzione, 9 su 12 un effetto positivo dato dalla carriera professionale e 6 su 6 hanno confermato il potere benefico delle attività ludiche nel costruire la riserva cognitiva. Tutti felici dunque? Non proprio. Purtroppo quando la riserva si esaurisce, un momento chiamato ‘punto di inflessione’, i sintomi si manifesterebbero in maniera improvvisa, più severa e rapida.
Se è vero che questi farmaci rendono possibile studiare e lavorare meglio e più a lungo, farmacologicamente, le sostanze che potenziano i componenti dei circuiti di memoria e apprendimento (dopamina, glutammato, noradrenalina) possono migliorare la funzione cerebrale in individui sani oltre il loro limite fisiologico.
“Tutti vorrebbero un super cervello” spiega Johann Rossi Mason “e la prima cosa che mi chiedono quando racconto l’argomento del libro é che tipo di sostanza assumere. Ovviamente non posso rispondere, consiglio di leggere il volume e capire quali sostanze o combinazioni di integratori potrebbero fare al caso loro e offro consigli per provare senza rischi, è il mio compito di divulgatore scientifico, informare correttamente. Le persone soffrono i vuoti di memoria che attribuiscono inevitabilmente all’avanzare dell’età, e vorrebbero combattere la fatica. Le sostanze nootropiche (integratori o farmaci) aiutano, ma non fanno miracoli. I primi possono essere assunti anche per periodi prolungati, mentre sui farmaci è necessaria maggiore cautela, non ci sono infatti studi sull’uso a lungo termine”. No assoluto invece all’assunzione fino a 18-20 anni: il cervello è ancora in formazione e non è possibile sapere quali effetti possono sortire in una fase evolutiva così delicata.
Farmaci, ormoni, integratori che promettono di migliorare le capacità di apprendimento, aumentare la memoria, annullare la fatica, rimandare l’invecchiamento del cervello: dai laboratori di ricerca e dal mondo accademico si diffonde la cultura del potenziamento cognitivo. Studenti, militari, piloti, medici, scienziati si trasformano in individui ad ‘alto funzionamento’, capaci di scrivere o lavorare per 20 ore consecutive senza accusare fatica. E anche in Italia esiste un consumo di queste sostanze.