Intelligenza vispa o più vivace della norma? Merito anche della lettura appresa (bene) e prima dei sette anni di età. Sono le conclusioni a cui è giunto uno studio pubblicato sulla rivista Child Development secondo cui l’abilità nella lettura favorirebbe un migliore sviluppo non solo dell’intelligenza verbale, ma anche delle capacità cognitive ad essa correlate.
LO STUDIO – La ricerca è stata condotta dall’università di Edimburgo e dal King’s College di Londra e ha coinvolto quasi 1.900 gemelli identici (monozigoti) facenti parte del Twins Early Development Study in corso nel Regno Unito. Tutti i bambini sono stati sottoposti a vari test cognitivi e di lettura ripetuti a 7, 9, 12 e 16 anni. A fare la differenza sulla “qualità” dell’intelligenza, più di ogni altra abilità, sembrerebbe l’avere preso presto in mano un libro: bambini che a sette anni sapevano già leggere bene si mostravano più intelligenti anche nel progredire degli anni. «I risultati del nostro studio – dichiara il primo autore, Stuart Ritchie – dimostrerebbero che leggere influenza l’intelligenza in modo causale la quale può essere potenziata non solo da una propensione genetica ma anche dalle esperienze del bambino maturate all’interno della scuola o dal tipo di educazione ricevuta». Una informazione preziosa soprattutto per la didattica: «Se l’abilità a leggere può essere continuamente migliorata, porre rimedio precocemente a ogni eventuale disturbo di questa capacità, potrebbe portare all’aumento generale di abilità cognitive fondamentali per lo svolgimento di ogni attività nei diversi ambiti del quotidiano, consolidandole nel tempo e per tutta la vita».
GENI ‘ISTRUITI’ – L’abilità di lettura (ma anche di calcolo), oltre all’esercizio ripetuto, sarebbe però influenzata anche dai geni. Almeno stando alle conclusioni dello studio del King’s College di Londra e della Oxford University, pubblicate sulla rivista Nature Communications, che ha sottoposto 1500 coppie di gemelli di 12 anni a una serie di test verbali e di matematica, confrontandone poi le performance, le somiglianze e le piccole differenze genetiche. Risultato? I gemelli identici, ovvero con lo stesso Dna, avrebbero ottenuto risultati in media più simili tra loro del 50% rispetto a gemelli eterozigoti, geneticamente più simili a due fratelli normali. Ma non solo: «Abbiamo potuto osservare – spiega Oliver Davis, genetista della University College London – che circa metà dei geni che influenzano la capacità di lettura sembrano giocare un ruolo fondamentale anche nello sviluppo delle capacità di calcolo. Vale a dire che non esistono geni dedicati in maniera specifica allo sviluppo di una delle due materie, ma piuttosto che la loro ‘istruzione’ dipende da numerose interconnessioni comuni».
IL COMMENTO DELL’ESPERTO – «Questi recenti studi scientifici – aggiunge il Professor Stefano Vicari, Responsabile della Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma – confermano ulteriormente come la lettura e, insieme ad essa, ogni strumento capace di stimolare la conoscenza, il linguaggio e la curiosità del bambino ne rinforza anche l’intelligenza. Ne deriva, quindi, l’importanza per i genitori di adottare, con i propri figli, stili educativi attivi e di promuovere tali attività fin dai primi mesi di vita, evitando di delegare tale ruolo a surrogati più passivi come, ad esempio, la televisione a torto ritenuta fonte di crescita per i bambini».
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