Le ricerche più recenti svolte presso l’IIT, indicano la probabile strada che porterà alla realizzazione di un prototipo di retina artificiale organica, dalle funzioni non dissimili da quelle della retina umana. Ce ne parla Maria Rosa Antognazza, ricercatrice presso l’Istituto IIT, che si occupa di applicazioni biologiche dei semiconduttori organici e ha partecipato alla ricerca.
di: Raffaella Quieti in collaborazione con la Dott.ssa Antognazza
Dottoressa Antognazza, quali sono i risultati delle ultime ricerche condotte dal vostro team sulla retina artificiale ai polimeri ?
Grazie alle ultime ricerche effettuate presso il nostro istituto, abbiamo dimostrato che, utilizzando materiali plastici conduttivi, di tipo polimerico, è possibile realizzare un’interfaccia diretta con dei sistemi neurali coltivati direttamente sul materiale artificiale fotosensibile. Se infatti facciamo incidere sul polimero conduttore della luce visibile, creiamo cariche elettriche che vengono trasferite ai neuroni, stimolandoli, esattamente come avviene nel caso dei fotorecettori naturalmente presenti nella nostra retina. è quindi prevedibile un’applicazione dei polimeri semiconduttori per la realizzazione di una protesi retinica artificiale a base organica. Esistono attualmente protesi basate sulla tecnologia inorganica. Tali protesi sono dotate di una telecamera esterna che raccoglie le informazioni visive e le trasferisce ad un ricevitore impiantato all’interno dell’occhio, una matrice di fotorivelatori e transistors a base di silicio.
Quali sono i vantaggi offerti dalla tecnologia ai polimeri rispetto a quella che si basa sul silicio ?
I vantaggi sono molteplici. I materiali utilizzati, sono di natura soffice, dotati di una struttura molecolare composta da atomi di carbonio, simile a quella di un tessuto biologico. La sofficità favorisce l’adesione delle cellule al materiale, e quindi consente una migliore biocompatibilità. La fotostimolazione inoltre, avviene in regime fotovoltaico, senza applicare quindi nessun tipo di tensione dall’esterno, che a sua volta sarebbe causa di riscaldamento e di conseguente danneggiamento. Esiste inoltre il vantaggio del tipo di accoppiamento : i polimeri, messi a contatto con un tessuto biologico, garantiscono uno scambio dell’informazione tra i materiali ravvicinato ed efficace. Nelle protesi esistenti, lo stimolo di corrente viene creato con cariche che viaggiano prive di controllo, e che di conseguenza eccitano in modo non selettivo le cellule di altri strati retinali. Il nostro accoppiamento risulta meno dannoso perché le cariche elettriche non sono trasferite al mezzo biologico in modo incontrollato, ma accumulate all’interfaccia con le cellule a contatto con il materiale fotosensibile. Questo evita la presenza di fenomeni elettrochimici nel liquido biologico, in particolare la formazione di reazioni di ossido riduzione che a lungo andare danneggiano sia le protesi sia i tessuti biologici. Un ulteriore notevole vantaggio è quello di una potenziale, maggiore acuità visiva: gli impianti retinici che esistono attualmente non riescono purtroppo a garantire una adeguata risoluzione spaziale, che consenta al non vedente la possibilità di navigare in modo autonomo in un ambiente esterno. Tale restrizione risiede nel limitato numero di elettrodi che è attualmente possibile installare in una protesi artificiale a base inorganica. Nel caso dell’interfaccia bio-polimerica, il numero di ‘pixels’ sarebbe invece limitato dalla sola adesione delle cellule al substrato fotosensibile, garantendo una risoluzione spaziale nettamente migliore.
Quali sono i problemi che la vostra ricerca sta affrontando ?
Al momento stiamo testando approfonditamente la biocompatibilità, l’efficienza e la durata dei materiali organici e dei substrati plastici utilizzabili per la protesi retinica artificiale. Inoltre, la dimostrazione di principio è stata effettuata su cellule neuronali coltivate in-vitro: ci stiamo ora muovendo verso l’utilizzo di cellule retiniche, mediante espianti retinici, e i tests di impianti in-vivo.
“L’uso di polimeri organici e biocompatibili permette una duttilità ed una naturalezza di interazione con i tessuti del corpo umano ben più elevate di quelle garantite dal silicio. Tuttavia, se per le celle fotovoltaiche di terza generazione è ipotizzabile un’applicazione pratica in tempi relativamente brevi, per quanto riguarda la retina artificiale arrivare a risultati che vadano oltre la ricerca di base richiederà tempi più lunghi. ”
Il direttore dell’IIT Roberto Cingolani
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COS’E’ L’IIT
“L’Istituto Italiano di Tecnologia nasce con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo tecnologico del paese e l’alta formazione in ambito scientifico/tecnologico. il principio ispiratore dell’IIT è la realizzazione del proprio programma scientifico, nell’integrazione fra la ricerca scientifica di base e lo sviluppo di applicazioni tecniche. Gli ambiti di ricerca riguardano campi della scienza dall’elevato contenuto innovativo, che rappresentano le frontiere più avanzaTe della tecnologia moderna, con ampie possibilità applicative in molteplici settori dalla medicina all’industria,dall’informatica alla robotica, alle scienze della vita, alle nanobiotecnologie.”