La fine dell’Alzheimer “Il protocollo che può arrestare e far regredire quel morbo fino ad ora considerato ‘degenerativo e incurabile”.
Dott. Candela cos’è il protocollo Bredesen ?
Il protocollo Bredesen è un approccio terapeutico innovativo finalizzato a rimuovere le cause primarie dell’Alzheimer e ripristinare uno stato fisiologico ottimale. Si tratta di un programma multifattoriale che interviene su problemi metabolici, infiammazione, tossicità, squilibri ormonali, salute dell’intestino e fattori quali la qualità del sonno, l’esercizio fisico e la stimolazione cognitiva. Conduce alla riacquisizione delle abilità di memoria e apprendimento.
Quanti tipi di Alzheimer ci sono ?
Se una persona con declino cognitivo esegue un pannello molto ampio di test clinici, possono essere identificati 6 tipi di Alzheimer a seconda dei parametri che risultano alterati. Ogni tipo di Alzheimer si contraddistingue per diverse caratteristiche fisiopatologiche che richiedono un intervento personalizzato per essere trattate.
Può descrivere i meccanismi dell’Alzheimer ?
La manifestazione clinica della malattia è dovuta ad un accumulo della proteina beta-amiloide che viene prodotta dal precursore APP (Amyloid Precursor Protein). Quando questo precursore viene scisso in quattro frammenti – tra cui vi è la beta-amiloide – si ha perdita di sinapsi, morte cellulare programmata e un dirottamento dei meccanismi di neuroprotezione. Il dott. Bredesen ha identificato circa 36 fattori che possono indurre il taglio dell’APP in 4 frammenti.
Può descrivere le cause che possono contribuire alla patologia ?
Come sostiene il dott. Bredesen, l’Alzheimer non è altro che una risposta protettiva dell’organismo ad insulti di varia natura, comprese carenze energetiche, nutrizionali ed ormonali. Le cause principali rientrano in 4 grosse categorie:
1) Alterazioni metaboliche. Quasi tutti i pazienti con declino cognitivo hanno difficoltà ad utilizzare il glucosio presente nel circolo ematico come fonte di energia. Questo è spesso dovuto ad insulino-resistenza, scarsa vascolarizzazione ed ossigenazione delle aree cerebrali, e ad una compromissione della funzione mitocondriale.
2) Infiammazione. Le cause principali di un’infiammazione sistemica partono spesso da un intestino compromesso, per cui una delle priorità nei pazienti Alzheimer è ripristinare la fisiologia intestinale. Tuttavia, ci possono essere delle predisposizioni genetiche che contribuiscono a tale infiammazione, anche a livello vascolare.
3) Insufficienza. I livelli di vitamine, minerali, fattori di crescita (molecole importanti per indurre la formazione di nuove sinapsi) ed ormoni sono spesso subottimali o completamente alterati in pazienti con Alzheimer.
4) Intossicazione o attacco microbico. Metalli pesanti, erbicidi, pesticidi, micotossine della muffa e attacchi da parte di virus e batteri (es. Herpes Simplex Virus e Candida Albicans) portano alla produzione della beta-amiloide e abbassano le difese immunitarie compromettendo metabolismo e pannello ormonale.
Quali sono le persone più a rischio di sviluppare il morbo ?
Il fattore di rischio genetico più importante per l’Alzheimer è il gene APOE4. Persone con due copie del gene (uno ereditato dalla madre e uno dal padre) hanno il 50/60 % di probabilità di andare incontro ad Alzheimer. Una sola copia può contribuire fino al 30 % di probabilità di manifestazione della malattia. La proteina APOE4 è coinvolta nell’assorbimento di lipidi e nel metabolismo di colesterolo e trigliceridi. Molte persone con dislipidemie (livelli di colesterolo e trigliceridi alterati) presentano una o due copie di questo gene. Inoltre, esso interferisce con l’assorbimento di glucosio, aumentando la risposta insulinica. Infine, APOE4 è un fattore di trascrizione che può attivare circa 1700 geni, alcuni dei quali sono coinvolti nell’infiammazione sistemica.
Dott.Candela, ci può parlare del protocollo Bredesen e dei risultati ottenibili ?
Il protocollo si basa su un principio fondamentale: per essere messo in pratica i pazienti hanno bisogno di riadattare completamente il loro stile di vita, soprattutto in relazione all’alimentazione. Il piano nutrizionale prevede il raggiungimento della flessibilità metabolica, cioè la capacità dell’organismo di utilizzare una fonte di energia alternativa al glucosio, i corpi chetonici. Ciò viene ottenuto eliminando dalla dieta i carboidrati e inserendo quantità generose di grassi sani, ma soprattutto aggiungendo un’ampia gamma di verdure. Pesce azzurro e uova rappresentano la fonte principale di proteine insieme a carne bianca. È importante inoltre minimizzare il contenuto di carne rossa ed eliminare cibi processati e grassi saturi dalla dieta. Un digiuno prolungato di almeno 12 ore (14 ore per persone con APOE4) tra la cena e la colazione accompagnerà l’intero programma. Inoltre la cena deve essere consumata almeno 3 ore prima di andare a letto – da qui il nome ketoflex 12/3. Se l’aderenza al programma è rigorosa e l’Alzheimer è in una fase lieve/moderata (Subject Cognitive Impairment e Mild Cognitive Impairment) le probabilità non solo di bloccare ma anche di invertire il declino cognitivo sono molto elevate. Minore sarà, quindi, il tempo che intercorre dall’esordio della malattia all’applicazione del protocollo e più elevata sarà la sua efficacia.
Perché il protocollo Bredesen non è stato approvato dalla Food and Drug Administration (l’ente statunitense che certifica i medicinali) e perché non viene utilizzato così frequentemente ?
Il protocollo Bredesen non è stato approvato dalla FDA perché il comitato di revisione istituzionale non si era mai imbattuto precedentemente in un programma multifattoriale. Gli scienziati e medici del comitato hanno sostenuto che uno studio clinico può essere effettuato solo prendendo in considerazione una singola variabile, come un farmaco. Pertanto, nonostante l’obiezione che l’efficacia del protocollo consistesse proprio nell’intervenire su più fronti con una malattia complessa come quella dell’Alzheimer, il comitato ha rifiutato l’approvazione. Tuttavia, il 10.05.2021 uno studio clinico del protocollo Bredesen è stato approvato dal comitato di revisione istituzionale di ADVARRA, che è lo stesso ente che ha approvato la fase I dello studio clinico del vaccino Moderna. Tale studio mostra che l’84 % dei pazienti con Alzheimer lieve riesce a bloccare e far regredire il declino cognitivo grazie al protocollo Bredesen.
Il protocollo non viene utilizzato frequentemente per due motivi principali:
1) Il programma e la sua efficacia devono ancora diffondersi più largamente tra la classe medica. Io sono il primo professionista certificato Bredesen in Italia e collaboro con la dott.ssa Federica Marinelli (medico di medicina funzionale) per eseguire il protocollo per la prima volta nel nostro paese.
2) L’approccio multidisciplinare scoraggia la classe medica. Fino a questo momento il paziente con Alzheimer è stato gestito da professionisti del settore che, dopo avere diagnosticato la malattia, si sono limitati ad intervenire con metodi tradizionali ancora poco efficaci. Con il protocollo Bredesen si può attuare un piano d’azione ben definito ma l’orientamento è multidisciplinare, e gli argomenti su cui espandere la propria conoscenza sono molteplici: nutrizione, gastroenterologia, ginecologia, endocrinologia, neurologia. Per non parlare dell’ampio spettro di nutraceutici, fitoterapici ed erbe che possono essere utilizzati in sinergia per invertire il declino. Sebbene questo possa risultare scoraggiante, con un po’ di pratica il protocollo diventa tranquillamente gestibile. Lo sforzo è solo iniziale.
Infine, ci sono medici che si cullano sull’idea che un approccio mono-terapico potrebbe in qualche modo ancora essere risolutivo. Posso sostenere con molta franchezza che quando si inizia ad implementare il protocollo Bredesen ci si rende conto di quanto sapevamo poco sdella fisiopatologia alla base dell’Alzheimer. Le alterazioni sono così molteplici e variabili da un paziente all’altro che l’approccio personalizzato può essere l’unica via di uscita. Un farmaco potrebbe dare qualche risultato solo se inserito nel contesto del trattamento individuale.
Cosa suggerisce a chi vorrebbe ricevere maggiori info a riguardo ?
Per maggiori informazioni invito i lettori ad esplorare il sito www.stopalzheimer.it e ad approfondire il protocollo attraverso la lettura del libro “La fine dell’Alzheimer”, un libro che segna un cambio di paradigma nel trattamento di questa patologia neurodegenerativa.