Chi dice ospedale troppo spesso dice strutture fatiscenti, nosocomi da chiudere per deficit di bilancio, carenze di organico, bilanci disastrati, casi di malasanità e chi più ne ha, purtroppo, più ne metta.
Di Paolo Michetti
Sembrerebbe, insomma, che ci sia poco da stare allegri, ma qualcosa si sta muovendo e, seppure molto lentamente, sta cambiando anche da noi il mondo dell’ospitalità ospedaliera grazie ad iniziative che continuano a sorgere un pò come funghi qua e là, grazie dietro la spinta propositiva di chi è costretto a frequentare un ospedale perché ricoverato o perché nella condizione di dover assistere un malato. Non stiamo parlando di terapie rivoluzionarie, farmaci miracolosi o apparecchiature fantascientifiche, ma di servizi a sostegno di chi è costretto a stazionare in un reparto e che possono rivelarsi estremamente utili per migliorare il benessere del paziente, aiutandolo talvolta anche nel percorso di guarigione. Vengono definite terapie diversionali e dietro questo nome si celano interventi tanto semplici quanto efficaci, finalizzati all’umanizzazione dell’ospedale. Nascono così progetti come quello di inserire una web-cam sulle incubatrici affinchè si possano bypassare i rigidissimi orari di vistia dell’ospedale “Macedonio Melloni” di Milano e consentire a genitori e parenti di osservare in diretta da casa, ogni sera e grazie a internet, i movimenti del bambino, oppure come quello dell’ospedale “Del Ponte” di Varese dove è stata creata una struttura in cui le mamme con bambini ricoverati possono essere ospitate per consentire loro di restare il più vicino possibile ai propri figli. E poi ancora parrucchieri in corsia, lezioni di pittura o disegno, corsi ai fornelli per insegnare a cucinare cibi che facciano stare meglio durante la chemioterapia, guide per i familiari dei pazienti in coma con i suggerimenti e le indicazioni sui come superare quei momenti critici e drammatici, modelli organizzativorelazionali per dare più spazio all’empatia e migliorare il rapporto medico-paziente, format sulla multiculturalità per ampliare la pratica delle più diffuse religioni mondiali all’interno degli ospedali e favorire la collaborazione. Degli ospedali ospitali si occuperà per tutto il 2012 la Libera Università dei Diritti Umani (LUNID) organizzando una serie di incontri nell’ambito del programma “Medico, Paziente, Familiari” nei quali saranno trattati temi importanti quali il consenso informato, il ruolo chiave del “caregiver”, i modelli di comunicazione in sanità, i paradigmi dell’etica medica e della bioetica. Ma l’onda lunga dell’umanizzazione e del nuovo ruolo degli ospedali non si ferma ai servizi e si estende, finalmente, anche alla loro architettura. A questo proposito, nel primo incontro tenutosi presso il complesso monumentale Santo Spirito in Saxia a Roma, l’Arch. Enzo Eusebi ha presentato una serie di progetti internazionali in cui la pianificazione degli spazi pubblici diventa un elemento decisivo per un nuovo approccio alle gestione “smart” dei servizi di sanità pubblica a livello locale. La realizzazione di ambienti vivibili, belli, inclusivi e partecipati come strumento per la riduzione dei disagi fisici e mentali e per affrontare le sfide di una società in progressivo invecchiamento è la strategia scelta da numerosi attori pubblici, che si avvarranno nel futuro sempre più di designers, architetti, urban planners ed esperti del settore sanitario per realizzare progetti innovativi, con effetti significativi sul miglioramento dei servizi e la qualità delle cure fornite ai pazienti e a chi di loro deve occuparsi.