Intervista a cura di Alessia Addari
Molto acclamata anche sul palcoscenico teatrale, ha vestito i panni di donne forti, di grande personalità, che hanno contribuito al suo grande successo. Figlia di un grande storico e di una scenografa molto rinomata, Elena ha saputo diventare negli anni un classico delle famiglie italiane e degli appassionati di cinema, ambiente nel quale ha sempre militato attivamente con più di trenta pellicole dal 1980, anno del suo esordio in Zero in condotta di Giuliano Carnimeo, ad oggi. Notevoli anche le sue partecipazioni in coproduzioni internazionali, così come intensa e significativa si è rivelata negli anni la sua passione per il teatro, soprattutto nell’interpretazione di opere classiche, di scritture impegnate da riabilitare.
Oggi Elena è una donna completa ed appagata dalla sua vita professionale e personale, legata al compositore Stefano Mainetti, noto direttore d’orchestra, oltre che nella vita anche a dei progetti futuri, che potrebbero vederli in stretta collaborazione tra musica d’autore ed alta recitazione.
Elena, la definiscono un personaggio molto amato dal grande pubblico, oltre che un profilo estremamente interessante dal punto di vista professionale, per la sua spiccata poliedricità, la sua capacità di stupire e, soprattutto, per l’immancabile ironia. Si rivede in questa definizione?
In realtà ciò che credo mi renda speciale è quell’essere in fondo un po’ “pazza”, una definizione che mi si addice e che mi attribuirono quando vinsi il Ciak d’Oro, motivata dal fatto che amo folleggiare tra i vari personaggi. Il mio mestiere è già molto difficile, nel nostro ambiente questa mentalità, questo bisogno di cacciarsi nei panni di qualcun altro, di capirne gli andamenti psicologici, le motivazioni, gli stati d’animo, approccio tipico di noi attori, racchiude già in sé una follia. La verità è che l’indagine nell’animo della persona è la cosa che più mi affascina e dalla quale sono perennemente attratta.
A tal proposito, i suoi personaggi sono stati davvero molteplici e, soprattutto, mai della stessa natura: da Veronica Lario in Loro a Suor Angela in Che Dio ci aiuti. Pensa, tra tutte le sue interpretazioni, ce ne sia una che abbia rispecchiato maggiormente le sue caratteristiche o la sua personalità?
Tutti i personaggi fin’ora interpretati fanno parte di me, così come parti di me inevitabilmente finiscono dentro di loro. E’ come se si innescasse una sorta di scambio, di sinergia, per la quale la mia visione è la parte di me che finisce in loro. Ed è per questo che non trovo un unico di loro al quale rispecchiarmi, bensì tanti, forse tutti. Mi è accaduto con Veronica Lario, in quanto donna, madre, moglie. Ho condiviso il suo dolore, insieme a situazioni che io conosco, esattamente come la maggior parte delle donne. Ed è proprio questa simbiosi, questa commistione che genera la bellezza dell’interpretazione, grazie anche in questo caso alla grandezza di Paolo Sorrentino, gigante della scrittura e della regia, che ha permesso che Veronica non rappresentasse solo Veronica Lario, così come Silvio non fosse solo Silvio Berlusconi, ma parti di tutti noi, personaggi in cui ognuno potesse riconoscersi all’interno di una crisi di una coppia e di un matrimonio. Stessa dinamica anche per Suor Angela, seppur personaggio diametralmente opposto, che offre la possibilità di risultare in mille registri che vanno dalla commedia, al dramma, ad una sorta di misticismo, che riguarda la sua parte spirituale, così misteriosa ma anche così concreta nel suo rapporto con la figura di Cristo. Con lui lei si arrabbia, parla, quasi come fosse un marito. Potrei dunque dire che il vero fascino sta nel gettarsi con amore, curiosità e studio dentro ciascun personaggio, un fascino rappresentato soprattutto dal cacciarsi continuamente nei guai cercando qualcosa di diverso, cambiando ogni volta pelle, anima…anche fisicamente!
Nel corso della sua carriera ha collezionato prestigiosi riconoscimenti, sia per il cinema che per il teatro, non ultimo l’ambito Premio Flaiano nel 2018 come miglior attrice della stagione per la tournée teatrale Vetri Rotti di Arthur Miller, un’opera che ha riportato in scena dopo anni di assenza .
Un premio di un grande scrittore del ‘900 non è qualcosa che lasci indifferenti noi attori. Chiaramente questo riconoscimento per me ha grande importanza, soprattutto laddove ho avuto la fortuna di vincerne addirittura due, il primo per il cinema e questo, mio secondo, per il teatro. Non nego che riceverlo per Vetri Rotti sia stato per me oltremodo gratificante, soprattutto perché è proprio in teatro che io nasco e mi formo. Ed ho ancora più piacere poichè concessomi per un testo che ho fortemente sostenuto ed inteso portare in scena, non essendone oltretutto protagonista assoluta, ma condividendo con gioia la scena con altri colleghi, Donadoni e Tognazzi lo scorso anno e Donadoni e Coco per quest’anno. Ricordo benissimo come, al ritiro del Premio Flaiano due anni fa a Pescara, la motivazione addotta fu, a parte la mia interpretazione, proprio l’intenzione di aver riportato in scena quest’opera dal 1995, anno cui risale l’ultima sua interpretazione ad opera della Morriconi. Da allora mai più nessuna attrice volle più osare recitandola a parte me, grazie al mio spasmodico interesse per i testi, alla passione per quelli dei grandi classici, possibilmente meno indagati. La verità è che adoro rappresentare spettacoli dimenticati, prendendoli in carico ed avendo il coraggio di reinterpretarli.
Cinema, teatro e tv sono ad oggi gli ambienti che hanno acclamato il tuo talento. C’è un luogo tra questi nel quale si sente più a suo agio, come dire, al “suo posto”?
In realtà io mi sento a mio agio ovunque ci sia un bel testo da recitare, perché la sola cosa che reputo davvero importante è la scrittura. Solitamente trovo piacere nell’interpretazione dei classici, poiché sono convinta che laddove ci sia una scrittura forte si possa fare necessariamente un buon lavoro. In sostanza questo accade quando, leggendo un copione, riesco già ad immedesimarmi, calandomi nei panni di quel personaggio. Ecco, lì io sono a mio agio. Non mi interessa se sia cinema, teatro o tv. L’importanza sta nell’identificazione con il ruolo, ma ancor di più con il testo.
Una novità di quest’anno in ambito televisivo sarà una nuova serie Vivi e lascia vivere di Pappi Corsicato in onda da marzo della quale sarà protagonista.
Sono molto affezionata a questa interpretazione. Mi calerò nel ruolo di una mamma, con tre figli e tutte le difficoltà quotidiane che ne derivano. Ma questo personaggio avrà dei risvolti ed una interpretazione molto particolari. Non avremo a che fare, infatti, con la classica madre eroina, brava, buona, affettuosa ed amorevole. Al contrario, questa è una madre che ama in un suo modo particolare, in maniera ruvida, pragmatica ed anche, se vogliamo, un pò folle. E questa sua follia, insieme ad una scelta cruciale, porterà ad una vera e propria deflagrazione della sua famiglia, cui seguirà una rivolta degli affetti più cari che la condurrà alla solitudine più spietata. Nonostante questi tumulti, il personaggio mantiene però salda la sua forza, il suo coraggio ed anche il suo opportunismo. Ci sarà anche il ritorno di un amore antico, la paura di farsi del male, il timore dei sentimenti che se da una parte rifugge, dall’altra ha difficoltà a schivare. E’ l’immagine molto complessa di una donna lucida e pragmatica nella quale molte di noi si riconosceranno.
Negli ultimi tempi ha dichiarato di aver trovato, oltre allo spettacolo, un altro modo per raccontarsi, creando un profumo che, a quanto pare, riesce perfettamente ad esprimere la sua vera essenza. Una perfetta combinazione di femminilità, grinta ed autenticità…
ES non porta solo le mie iniziali, ma queste stesse riportano anche all’Es di Freud, quella parte più profonda del sé, quella più sepolta di ognuno di noi. Attraverso questo profumo, che nasce da una meravigliosa e duratura storia di amicizia, ho ritrovato l’essenza profumata della mia vita ed un meraviglioso ricordo della mia infanzia. Questa fragranza mi ricorda quell’odore e mi rappresenta, fa parte di me. Ma es è anche la parte più profonda del sé, quello del subconscio, libero ed impulsivo, non ancora vittima dei severi super io freudiani. Questo es potrebbe essere il mio, altrettanto libero attraverso il profumo.
In alcune precedenti interviste ha dichiarato il suo imbarazzo per aver recitato, sul set di Loro, una scena completamente nuda. Di qui la deduzione di possedere un ottimo rapporto con il suo corpo.
Questa scena del film la considero un omaggio a Paolo Sorrentino, anzitutto per avermi rappresentata come una dea in quel momento. Superati i 50 anni credevo di non dover più imbattermi in scene di nudo o di sesso, che peraltro ho sempre vissuto con molto imbarazzo. In realtà anche in Loro non mi sono sentita a mio agio, ma il mio è stato un atto d’amore per il film. Nonostante una donna più grande, più matura, che non si vede più giovanissima in un corpo che sta sfiorendo pian piano, ho cercato di vivere questo momento con naturalezza, rassicurata anche da Sorrentino, che ha tentato in ogni modo di tranquillizzarmi. In generale non ho mai amato ostentare il mio corpo, mi ritengo una donna pudica, con una femminilità e sensualità discreta, a quanto dicono.
E sempre a proposito del suo corpo, che la imbarazza esporre ma del quale ha un rispetto rigoroso e minuzioso, rispettando una sorta di rituale di benessere. In cosa consiste?
In questo mi ritengo un po’ un soldatino. Sono una donna piuttosto rispettosa ed innamorata di se stessa, compreso naturalmente il mio corpo. Mi occupo di lui quotidianamente ed accuratamente non con cure ossessive, ma osservando dei piccoli accorgimenti come smettere di fumare, prestare attenzione all’alimentazione mangiando cibi sani, praticando attività fisica regolarmente e compatibilmente con gli impegni di lavoro, curando il viso ed andando a letto presto. Ho scoperto che la vera cura alla mia età è il riposo, insieme naturalmente ad un regime salutista al quale cerco di attenermi per il benessere del mio corpo, ma anche dell’anima.
In alcune precedenti interviste ha palesato la sua rinuncia, al contrario di molte sue colleghe, all’utilizzo della chirurgia estetica, dichiarando “se divento un Muppet non posso più fare nulla”. Ad oggi riconferma questa affermazione?
Considero la chirurgia estetica una sorta di burqa dell’Occidente, una omologazione per la quale saremmo tutte uguali, perdendo ognuna la propria unicità, la propria originalità. Credo sia inutile cercare di mantenersi perennemente con un aspetto di trenta/quarantenni, soprattutto considerando il fatto che nel cinema, nella tv, ma anche nel teatro si avrà bisogno di donne mature, grandi come me. Diciamo dunque che rimanere al naturale rappresenti anche un ottimo espediente per poter continuare a lavorare, con un viso vero, tale da poter interpretare degnamente donne della mia età. Un esempio dell’opportunità in questione è la recente interpretazione di Rita Levi Montalcini, un bellissimo lavoro del quale mantengo ancora riservatezza per il momento per cui, se non avessi avuto la mia base di viso naturale (invecchiato di 20 anni nel personaggio), non avrei mai potuto pensare di recitare.
Cos’ha in serbo il prossimo futuro per una donna instancabile e poliedrica come lei?
Sto pianificando alcuni lavori per il teatro, dei quali ancora non posso però parlare. Alcuni anni fa mi è capitato per sbaglio di fare una regia teatrale di uno spettacolo, Mamma mia bella, ed ho scoperto che è una cosa che mi riesce abbastanza bene. Fui addirittura sorpresa del fatto che funzionò a tal punto da cominciare a girare l’Italia in teatri bellissimi e con grande successo. In cinema ed in tv non avrei questa velleità da regista, preferisco in quel caso scrivere ed interpretare, ma questa esperienza teatrale mi ha catturata. Ho anche delle idee di collaborazione con mio marito Stefano, musicista, e con mia sorella Elisa, coreografa e danzatrice di fama internazionale di danza aerea e contemporanea, con i quali ho in animo un progetto che riesca a coniugare la grande prosa, la danza e la musica dal vivo. Inoltre è recentissimo il debutto di Vetri rotti, in scena a Roma, al Teatro Eliseo, ad inizio febbraio e per due settimane, con un testo eccezionale di Arthur Miller, un gigante della letteratura. Purtroppo queste sono state uniche date per quest’anno, nonostante per il futuro ci sia intenzione di replicare lo spettacolo anche in altre città.