Gli interferenti endocrini ed altri additivi chimici ‘potenzialmente dannosi’.
Molte delle sostanze attualmente classificate come innocue, lo sono veramente?
Oltre mille sostanze possono avere
effetti non ancora del tutto noti sulla
salute e sull’ambiente. Parliamo di
additivi alimentari e composti chimici,
elencati nelle etichette di prodotti di
uso comune e quotidiano, dentifrici,
saponi, detersivi, yogurt, biscotti, cibi
in scatola e sottovuoto, prodotti il cui
consumo costante può
contribuire all’insorgere di
asma, reazioni allergiche,
disturbi gastrici e squilibri
al sistema ormonale.
Sostanze legali, ma
molte contengono
xenoestrogeni, detti
anche interferenti endocrini od ormonali: ad
oggi possono essere considerate solo
“potenzialmente dannose”. Un’azione
diretta sull’uomo non è ancora stata
dimostrata, tuttavia questi composti
in associazione con altri, e soprattutto
agendo su individui suscettibili, potrebbero
diventare seriamente dannosi. La
commissione europea ha avviato una serie
di studi per avere conferme scientifiche
della reale pericolosità di questi prodotti:
le conclusioni si tireranno nel 2016 con
l’impegno, prove alla mano, di vietare
ciò che è potenzialmente dannoso. E le
industrie, soprattutto americane, che
utilizzano tali sostanze per i loro prodotti
finiti già si preoccupano di doversi
adeguare per continuare a vendere nel
mercato europeo. L’infertilità maschile
e, in minor misura, femminile è tra
gli effetti indesiderati degli
interferenti endocrini. “Oggi, anche grazie alle
tecniche di fecondazione
assistita non selezioniamo
più il maschio forte, bensì
consentiamo quasi a tutti
i geni maschili di riprodursi:
contribuendo alla riproduzione della
specie potremmo permettere la selezione
di geni deboli capaci, una volta in
contatto con tossici esterni, di produrre
danni biologici”, dice Andrea Lenzi,
andrologo dell’università La Sapienza
di Roma. Ne ha parlato al Convegno di
Medicina della Riproduzione, presieduto
dall’andrologo patavino Carlo Foresta.
Spiega sempre Lenzi: “Il principio è quello
per cui queste sostanze, su un maschio
forte dal punto di vista riproduttivo,
non avrebbero effetto mentre su un
maschio geneticamente vulnerabile
potrebbero nascondere diversi pericoli”.
Qualche esempio pratico. La parola a
Foresta: “Il colore acceso dei gamberetti
non è un dono di natura, ma si ottiene
con il 4-exilresorcinolo, un colorante
chimico. Il 4-exilresorcinolo è stato
correlato ad un’azione simil-estrogenica
e alla comparsa di problemi di fertilità
negli animali e si pensa che possa avere
effetti simili anche nell’uomo. Oppure,
l’insalata in buste: rappresenta un
duplice rischio, per la busta in plastica
contenente Bisphenoli o Ftalati rilasciati
gradualmente sull’alimento e per cui è
stata dimostrata una possibile azione antiandrogenica,
e per il contenuto stesso:
molte verdure vendute confezionate
potrebbero essere contaminate
da agrofarmaci organolettici.
Per tali sostanze (organo
fosforici, carbammati, ditiocarbammati, organo clorurati,
erbicidi del gruppo ammonio quaternario)
è stata dimostrata un’azione antiandrogenica
e di stimolo nei confronti
dell’espressione del recettore
estrogenico”. Aggiunge Lenzi: “Prodotti
quali shampoo, bagnoschiuma creme
idratanti e solari, deodoranti, articoli
per l’igiene dei bambini e ammorbidenti
spesso contengono parabeni. Studi
sembrerebbero dimostrare che i parabeni
abbiano azione simil-estrogenica”. E
non si possono non citare gli addittivi,
antiossidanti e conservanti derivati dal
petrolio e vietati in molti Paesi perché
sospettati di avere un’azione cancerogena.
I consigli? Risponde Lenzi: “Innanzitutto
comprare le verdure al mercato o da
aziende agricole che garantiscano di
non utilizzare agrofarmaci o additivi
ed evitare il più possibile prodotti
in scatola ricchi in conservanti”.
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Qui vale la pena aggiungere un
allerta scientifico recente riguardo
gli emulsionanti. Gli emulsionanti
normalmente utilizzati in molti prodotti
da supermercato sembrano modificare
la flora batterica intestinale, favorendo
o peggiorando le infiammazioni a
livello del colon. Più a rischio i soggetti
geneticamente predisposti a queste
malattie. Lo studio pubblicato su Nature
è il primo che dimostra gli effetti
negativi di queste sostanze (conservanti
alimentari) sulla salute. In particolare
come fattori di rischio per le malattie
infiammatorie croniche dell’intestino
e per altri disordini metabolici. Unico
distinguo: lo studio è stato effettuato sui
topi e non è detto che gli stessi effetti
si verifichino sull’uomo. Quali sono i
tipi di emulsionanti contenuti nei cibi
“industriali” che sono stati oggetto del test? Due le molecole testate che si
ritrovano in vari tipi di additivi, almeno 15,
usati per esempio per rendere più soffici e
cremosi i gelati da banco, o per evitare che
la maionese confezionata impazzisca (cioè
che gli ingredienti si separino e non si
preservi l’emulsione). Tutti generalmente
classificati come innocui da agenzie
di controllo sui cibi e i farmaci come
l’americana Food and drug administration
(Fda): di solito i dossier esaminati sono
prodotti dalle stesse aziende produttrici
e non riscontrano effetti tossici o
cancerogeni sui mammiferi. Adesso però
alcuni ricercatori della Georgia state
university di Atlanta hanno acceso una
lampadina d’allerta: hanno aggiunto
all’alimentazione di alcuni topi due comuni
emulsionanti, la carbossimetilcellulosa
e il polisorbato 80, dimostrando un
effetto negativo sulla salute delle cavie
sottoposte alla dieta “corretta”.
Quale effetto? In topi sani si sono
manifestate obesità e malattie
metaboliche, come l’intolleranza al
glucosio (anticamera del diabete II),
in topi geneticamente “umanizzati”
verso malattie infiammatorie croniche
dell’intestino (morbo di Crohn, rettocolite
ulcerosa) si sono aggravati i sintomi e
gli episodi di infiammazione. E questo
a piccole dosi: gli effetti più gravi sono
stati osservati nei topi con una dieta
corrispondente a quella di un uomo
che mangi solo gelato, mentre i primi
sintomi negativi sono comparsi a dosi
di emulsionanti pari a un decimo di
quelle normalmente consentite nei
prodotti alimentari per l’uomo.
L’ipotesi è che gli emulsionanti
neutralizzino lo spesso strato di muco
che protegge l’intestino dei mammiferi
bloccando i batteri prima che entrino
in contatto con le cellule. Occorrerà
adesso effettuare nuovi studi, meglio
se sull’uomo, per verificare se le
dosi di queste sostanze classificate
come innocue lo siano veramente.
di Mario Pappagallo