Il nostro pianeta è sottoposto alla stessa deriva a cui l’umanità responsabile dovrà resistere. L’inquinamento atmosferico non si ridurrà facilmente e non è possibile pertanto separarlo dalla nostra prima difesa nei confronti degli agenti esterni: la nostra pelle.
Inizialmente l’allarme sulle alterazioni che anche la cute è destinata a combattere si è focalizzato molto lentamente, oggi invece la questione si affronta con più serietà.
Le vicende sui disastri ambientali che si susseguono, sono sempre più vicini e più pericolosi. Non solo nei grandi agglomerati orientali (Pechino, Shanghai), ma dietro l’angolo e vicino alle nostre abitazioni. L’Asia non è l’unico continente circondato dal problema, anche l’Europa ed in particolare le grandi città sono fortemente coinvolte nel problema.
Il danno cutaneo provocato dall’inquinamento è quindi un problema globale (anche se rilevato con particolare gravità ed incidenza in Cina, India e Pakistan) ed ormai scientificamente dimostrato da numerosi studi e ricerche, di cui molti ancora in atto.
In megalopoli dove i livelli di PM2,5 sono di 5-6 volte più alti rispetto alle linee guida dell’OMS, in alcune città europee come Berlino, si registrano regolarmente livelli di questo particolato oltre il livello di sicurezza. La commissione europea ha recentemente annunciato che numerosi paesi europei saranno sottoposti a procedimenti per violazione della legge sull’inquinamento atmosferico.
Industrializzazione, uso crescente di combustibili fossili, elevati livelli di emissioni veicolari, incidenti e incendi presso le strutture di stoccaggio dei rifiuti, causano alti livelli di inquinamento atmosferico che raggiunge i livelli epidemici.
L’esposizione al particolato ambientale (le cosiddette polveri sottili, che sottilissime diventano “nano”) contribuisce all’invecchiamento precoce della pelle. I PM (Particulate Matter – Materia Particolata), specialmente i più piccoli, possono agevolmente penetrare nella pelle per via transepidermica ed attraverso i follicoli piliferi, con induzione all’aging cutaneo attraverso recettori specifici (Aryl Hydrocarbon Receptor -AHR). Benzene ed Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) in percentuale molto alta vengono inglobati nei PM.
I gas nocivi e l’ozono, derivati dall’inquinamento atmosferico, con la simultanea esposizione agli UVA agiscono sinergicamente per aumentare l’insorgenza di tumori cutanei. L’ozono inoltre induce stress ossidativo a livello cutaneo attraverso la formazione di prodotti della perossidazione lipidica, a cascata per gli strati più profondi. Inoltre l’inquinamento atmosferico, specialmente quello legato al traffico veicolare, in uno studio epidemiologico del 2016, sembra contribuire allo sviluppo delle lentiggini sul viso di caucasici e asiatici.
Per non parlare della pericolosità di diossine (tristemente note per la nube tossica di Seveso del 1976, con conseguente insorgenza della “cloracne” tra gli abitanti), furani e PCB (Policlorobifenili), tossici tipicamente correlati alla combustione (incenerimento rifiuti, combustione di residui plastici, processi dell’industria dell’acciaio, produzione di energia da biocombustibile, traffico, riscaldamento domestico, disastri casuali o naturali).
Le conseguenze per la pelle sono quindi molteplici: accumulo di sporco che ingloba sostanze nocive, invecchiamento precoce, disidratazione, desquamazione, maggiore predisposizione a irritazioni, allergie e dermatiti in generale, comparsa di macchie, aspetto spento e grigiastro.
La continua esposizione allo “smog” favorisce quindi la proliferazione di radicali liberi, delle metallo-proteinasi (MMP) ed altri enzimi che possono degradare col tempo le componenti del tessuto connettivo (non solo collagene ed elastina).
Una volta alterato il film idrolipidico, tutte le sostanze endogene penetrano più facilmente attraverso l’epidermide, esponendo la struttura cutanea a rischi maggiori. Infine, gli individui con “pelle sensibile” rappresentano un sottogruppo particolarmente suscettibile a questo problema.
I prodotti cosmetici per proteggere la pelle o prevenire i danni provocati dall’inquinamento atmosferico possono essere ormai considerati necessari. Oltre alla protezione solare per evitare la sinergia negativa tra UVA e agenti dannosi, in realtà un’azione “anti-inquinante” è alla portata di tutti: è la corretta detersione, che ha come primo compito proprio la rimozione dei residui di tossici ed inquinanti, nel modo più fisiologico possibile. Quest’atto cosmetico, a volte considerato banale, ma in realtà è la prima vera difesa nei confronti degli inquinanti ambientali.
Le creme protettive da giorno (DD/cream, fondotinta con SPF, solari) determinando la formazione di una barriera sulla pelle, possono agire anche contro l’inquinamento proteggendo da PM, altri particolati o altri inquinanti ambientali?
Maschere e trattamenti intensivi, prodotti per la notte tra cui sieri specifici, possono aiutare a riparare i danni cumulati durante il giorno solo con una comprovata azione antiossidante/antiradicalica, oltre che idratante e restitutiva?
Infine “rafforzare” la barriera della pelle significa interagire solo sui meccanismi biofisici e metabolici (schermi, apporto di funzionali molto importanti, come le ceramidi) oppure anche dell’altro, come ad esempio “detossificare”?
Una ricerca Mintel del 2015 (Mintel Global Beauty & Personal Care Trends), ha evidenziato che la cosmetica globale persegue la strada verso l’immissione sul mercato di prodotti, non solo naturali, ma anche di protezione verso gli effetti dannosi dell’inquinamento.
Grazie alla preoccupazione sviluppata intorno al tema, le aziende produttrici di cosmetici già da tempo hanno rivolto i loro studi formulativi e di marketing intorno alla rivendicazione del claim “anti-inquinamento” e pertanto lanciato numerose linee di prodotto specificatamente indicate. Alcune tecnologie descritte o funzionali utilizzati sono però ancora non precisamente definiti. In un prossimo futuro dovranno perciò essere chiarite alcune caratteristiche dei prodotti “anti-inquinamento” in cosmetica:
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