In attesa delle nuove etichette nutrizionali, valide per tutta l’Europa, la Gran Bretagna ha adottato i segnali rosso, verde, giallo che molti nutrizionisti ritengono impropri, perché non esistono «alimenti buoni e cattivi».
Italia e Francia da una parte, Gran Bretagna e Belgio dall’altra. Nelle scorse settimane, a Bruxelles, è andata in scena l’ultima puntata della disfida europea che vede in ballo alcune modifiche da apportare alle etichette alimentari, in attesa della scadenza ormai prefissata del dicembre 2014.
VIA LIBERA AI “SEMAFORI” – A far discutere, nel corso del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, è stata la scelta compiuta il 19 giugno nel Regno Unito: via libera ai “semafori” sulle etichette. Una raccomandazione fortemente voluta dal ministero della Salute britannico, nel frattempo sposata da 31 compagnie della grande distribuzione organizzata e dei discount d’Oltremanica. Semaforo verde: per gli alimenti che possono essere consumati senza limiti. Giallo: per quelli da mangiare con moderazione. Rosso: ok, ma soltanto una volta ogni tanto, per gola e non per necessità.
IL NO DELL’ITALIA – Cosa lamenta il ministro della Salute italiano Beatrice Lorenzin? Il rischio, tutt’altro che remoto, che a essere penalizzati risultino alimenti tipici del Belpaese e protagonisti di un regime dietetico mediterraneo: a partire dall’olio extravergine d’oliva per finire ai salumi e ai formaggi, Parmigiano. Ma la Gran Bretagna va dritta per la sua strada: «La nostra scelta è in piena regola con quanto dichiarato dall’articolo 35 del regolamento 1.169 del 2011, che permette forme aggiuntive di espressione delle informazioni nutrizionali. Le aziende, poi, non hanno un obbligo, ma un’opportunità che stanno dimostrando di condividere». L’arbitro, il commissario europeo per la salute Tonio Borg, s’è sbilanciato. «Poiché non ci sono prove certe di come i consumatori percepiscano tali informazioni, la scelta dell’Inghilterra permette lo sviluppo di nuove forme di espressione tutte da valutare».
MEGLIO EDUCARE I CONSUMATORI – Ma quanto possono davvero essere utili i “semafori” a ridurre il dilagare dell’obesità, che in Gran Bretagna riguarda più del 50% della popolazione? «Diversi studi dimostrano come un sistema simile permetta di compiere scelte più salutari – spiega Andrea Ghiselli, medico nutrizionista e dirigente di ricerca del Cra-Nut -. In pochi, però, considerano che così non si educa il consumatore, ma lo si pone di fronte al fatto compiuto: tutto ciò che è rosso va evitato, ciò che è verde può essere consumato senza limiti. Occorrerebbe responsabilizzare le scelte: non esistono alimenti buoni o cattivi». Per i “semafori” sulle etichette vale lo stesso discorso fatto per l’indice glicemico: spaventati da questo valore, espresso in percentuale, oggi molti hanno abbandonato la pasta e il pane. No alle scelte drastiche, dunque. Sì ai percorsi di educazione alimentare che, secondo Ghiselli, «dovrebbero aiutare il consumatore a leggere correttamente le etichette anche attraverso una cartellonistica nei punti vendita più visibile».
VERSO IL 2016 – Un metodo così drastico può, in apparenza, migliorare la situazione. Ma, in attesa che nel 2016 tutti i Paesi dell’Unione Europea siano chiamati a utilizzare l’etichetta nutrizionale con le indicazioni dei principi nutritivi e dell’apporto calorico, il consiglio è di far riferimento alle Gda (valori giornalieri di riferimento). Disponibili per l’energia e, anche in percentuale, per i quattro nutrienti più importanti che possono aumentare il rischio di sviluppare malattie legate alla dieta – grassi, grassi saturi, zuccheri e sodio (o sale) -, ne esistono di specifiche anche per gli alimenti destinati ai bambini.