Una ricerca del dipartimento di psicologia dell’università degli studi di Milano-Bicocca ha messo in luce che gli uomini tendono ad associare elementi positivi, come il successo e il prestigio, al solo ambito maschile, mentre le donne non hanno pregiudizi di genere. Queste credenze non vengono generalmente manifestate a livello esplicito grazie ad un’area del cervello in grado di frenarle.
Anche se giovani e con un grado di istruzione elevato, spesso cedono allo stereotipo secondo cui il binomio successo-potere è cosa da uomini.
A frenare queste loro credenze ci pensa un’area del cervello che, se inibita, permetterà al sesso maschile di lasciarsi andare a pregiudizi maschilisti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuroimage che si occupa di ricerca neurologica e cerebrale, è stato condotto, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, da Zaira Cattaneo, ricercatrice del Dipartimento di Psicologia, da Costanza Papagno, docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica, da Giulia Mattavelli, dottoranda presso lo stesso Dipartimento e da Elisa Platania, neolaureata in psicologia presso l’Università Bicocca. “Tutti i partecipanti al nostro studio – spiega Zaira Cattaneo, responsabile della ricerca – erano studenti universitari della Facoltà di Psicologia. Non abbiamo chiesto ai partecipanti se avessero ricevuto un’educazione “maschilista” o meno, ma ci siamo limitati a somministrare loro test standardizzati che misurano le credenze esplicite – sia positive che negative – che una persona possiede nei confronti del proprio sesso e dell’altro sesso. In media non si è riscontrato alcun pregiudizio sessista né negli uomini né nelle donne. Ovvero, i nostri partecipanti maschi non mostravano di essere maschilisti quando venivano poste loro domande dirette. In effetti, diverse ricerche precedenti hanno mostrato come spesso vi sia una dissociazione fra le credenze “esplicite” di una persona, e certe sue credenze più “implicite” che spesso la persona non è neppure consapevole di possedere (benché queste credenze ne influenzino il comportamento). Certamente se credenze stereotipiche sono meno radicate nel vissuto di un individuo, tale individuo ha meno bisogno di inibirle. È il caso delle donne che hanno preso parte all’esperimento: siccome le studentesse non mostravano di avere un’associazione “femminile-debolezza” e “maschile-forza” (o viceversa), l’inibizione delle aree frontali tramite stimolazione cerebrale non ha indotto alcuna modificazione nelle loro risposte”. Ad essere utilizzato dalle ricercatrici, un test che misura le credenze implicite delle persone sul genere (Gender Implicit Association Test, IAT) somministrato, attraverso il computer, a 62 studenti della Facoltà di Psicologia (31 uomini e 31 donne). Durante il test appariva al centro del monitor un nome di persona che i partecipanti dovevano classificare come maschile o femminile usando un tasto destro o sinistro. Successivamente, i partecipanti dovevano classificare – usando gli stessi tasti di risposta – alcune parole come legate a una nozione di “forza” o di “debolezza”. Quando è stato chiesto di utilizzare lo stesso tasto di risposta per classificare “femminile” e “forza” i partecipanti maschi hanno commesso più errori rispetto a quando lo stesso tasto è stato usato per classificare “femminile” e “debolezza” (e viceversa per i nomi maschili). Le scienziate della Bicocca hanno così scoperto che – nei partecipanti uomini – vi è una forte tendenza ad associare il sesso maschile a nozioni legate alla forza, quali potere, autorità, successo, prestigio, e ad associare il sesso femminile a nozioni di “debolezza”, quali fragilità, indecisione, passività, sottomissione. Le ragazze che hanno partecipato all’esperimento non hanno mostrato invece alcuna associazione fra il genere e i concetti di forza e debolezza. Le ricercatrici hanno quindi studiato le basi neurali delle credenze stereotipiche trovate nei partecipanti maschi utilizzando la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), una tecnica di stimolazione cereb rale non invasiva che consente di interferire selettivamente con l’attività di una certa area cerebrale e quindi di studiarne il ruolo in un determinato processo cognitivo. È stato così scoperto che la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia prefrontale dorsomediale giocano un ruolo chiave nel controllo degli stereotipi: infatti, quando queste aree sono state temporaneamente inibite dalla stimolazione, i partecipanti maschi hanno associato in maniera ancora più netta parole legate alla forza al sesso maschile, e parole legate alla debolezza al sesso femminile. In pratica gli uomini, anche se non in maniera consapevole, associano elementi positivi, come il successo e il prestigio, precipuamente all’ambito maschile e solo grazie alla crescita della corteccia prefrontale questi impulsi vengono frenati e non sfociano in episodi discriminatori. Le aree prefrontali sono le ultime a maturare nel cervello e svolgono funzioni cognitive di alto livello, quali il ragionamento, la pianificazione, l’inibizione di risposte inappropriate, i processi decisionali. Il risultato dello studio dimostra che il controllo sugli stereotipi – quelli legati al genere (ma anche alla razza e all’etnia, ad esempio) – può essere modulato interferendo con l’attività dei lobi prefrontali. I processi consapevoli e di controllo mediati dalla corteccia prefrontale sono altamente influenzati dall’educazione e dall’ambiente circostante: sebbene le credenze stereotipiche legate al genere siano ancora profondamente radicate nella nostra cultura, la corteccia prefrontale può essere “allenata” a controllare associazioni negative acquisite implicitamente. Diventa quindi fondamentale investire sull’educazione affinché il controllo esercitato dalla corteccia prefrontale sulle credenze stereotipiche agisca il più possibile. Sono maschilisti e non lo sanno. Anche se giovani e con un grado di istruzione elevato, spesso cedono allo stereotipo secondo cui il binomio successo-potere è cosa da uomini. A frenare queste loro credenze ci pensa un’area del cervello che, se inibita, permetterà al sesso maschile di lasciarsi andare a pregiudizi maschilisti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuroimage che si occupa di ricerca neurologica e cerebrale, è stato condotto, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, da Zaira Cattaneo, ricercatrice del Dipartimento di Psicologia, da Costanza Papagno, docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica, da Giulia Mattavelli, dottoranda presso lo stesso Dipartimento e da Elisa Platania, neolaureata in psicologia presso l’Università Bicocca. Gli uomini sono maschilisti, adesso è scientificamente provato. nuove frontiere unA ri cercA del dipArtimento di psicologiA dell’università degli studi di mi lAno-bicoccA hA messo in luce che gli uomi ni tendono ad associare elementi positivi, come il successo e il prestigio, al solo ambi to maschi le, mentre le donne non hanno pregiudizi di genere. Queste credenze non vengono generAlmente mAni festAte A livello esplicito grAzi e A un’area del cervello in grado di frenarle.