Il 18 Novembre, come ogni anno dal 2008, si celebra la Giornata degli Antibiotici, dedicata a sensibilizzare pubblico generale e operatori sanitari sull’uso prudente degli antibiotici e sul problema della resistenza agli antibiotici, promossa dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (ECDC). A distanza di 6 anni dalla prima Giornata degli Antibiotici, purtroppo le notizie sul fronte dell’evoluzione dell’antibiotico-resistenza non sono buone. Il fenomeno è in aumento ed è ormai globale, cioè interessa sia paesi industrializzati che paesi in via di sviluppo, come si evidenzia da un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La resistenza agli antibiotici è divenuta un’emergenza di sanità pubblica, che determina aumento della spesa sanitaria, allungamento dei tempi di degenza, fallimenti terapeutici e aumento della mortalità. Senza antibiotici efficaci, la medicina moderna rischia di tornare indietro ad un’epoca pre-antibiotica, in cui le infezioni rappresentavano la prima causa di morte ed interventi o terapie complesse erano impensabili.
Quest’anno l’ECDC fa uso dei social media e per il 18 Novembre ha organizzato 24 ore di conversazione Twitter globale(#AntibioticDay), insieme a Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda. La campagna ha come target primario l’automedicazione, tematica che era stata affrontata già nel 2008 dalla prima campagna di sensibilizzazione coordinata dall’ISS, in cui il motivo dominante era la necessità di utilizzare antibiotici solo se prescritti dal medico e mai su consiglio di amici, parenti o farmacisti.
Un punto centrale della campagna è che ognuno di noi, sia privati cittadini che operatori sanitari, può dare il proprio contributo per arrestare l’antibioticoresistenza.
Il report della sorveglianza Europea EARS-Net (3), al quale l’Italia partecipa con i dati della sorveglianza AR-ISS, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, puntualmente descrive l’aumento di resistenza, soprattutto negli Enterobatteri: a livello europeo continua ad aumentare la resistenza ai fluorochinoloni e alle cefalosporine di 3a generazione in Escherichia coli e la resistenza alle cefalosporine di 3a generazione in Klebsiella pneumoniae. Inoltre si nota a livello europeo un incremento della resistenza ai carbapenemi in Klebsiella. Di questo aumento l’Italia è in gran parte responsabile insieme alla Grecia e, in misura minore, Cipro e Romania. Per comprendere la estensione e la velocità di propagazione del fenomeno della resistenza ai carbapenemi in Italia, basta pensare che nel 2008 meno dell’1% delle Klebsielle era resistente. La percentuale è diventata del 15% nel 2010, 29% nel 2012 e 35% nel 2013. I carbapenemi sono antibiotici di ultima risorsa, dei veri salvavita per infezioni già resistenti alla maggior parte degli antibiotici disponibili. Resistenza ai carbapenemi vuol dire mortalità in eccesso di almeno il 30%, percentuale che sale in caso di pazienti particolarmente fragili.
La resistenza verso i carbapenemi lascia scarse o nulle possibilità terapeutiche: una alternativa è rappresentata da un vecchio antibiotico, la colistina. Ma uno studio recente del nostro Istituto in collaborazione con l’Università di Siena ha rivelato che le Klebsielle resistenti ai carbapenemi stanno diventando resistenti anche alla colistina in una proporzione allarmante (). Questi batteri resistenti a tutti o quasi gli antibiotici disponibili sono presenti in tutte le aree geografiche del nostro paese e in tutti i tipi di strutture di degenza, sia ospedali per acuti che lungo degenti e residenze assistenziali per anziani. Il controllo della loro diffusione è difficile, perché molti pazienti sono portatori asintomatici e possono trasmettere i batteri ad altri pazienti.
Un altro problema importante per l’Italia è l’ Acinetobacter multiresistente, cioè resistente a fluorochinoloni, aminoglicosidi e carbapenemi, che in Italia rappresenta > 50% degli Acinetobacter isolati. Anche per lo Stafilococco aureo resistente alla meticillina (MRSA) la percentuale di resistenza in Italia rimane sempre critica (intorno al 35%) mentre molti paesi Europei sono riusciti a riportare la resistenza a livelli più bassi.
In conclusione, la tendenza all’aumento dell’antibiotico resistenza nel nostro paese può essere invertita solo da una combinazione di interventi efficaci i cui cardini sono la promozione dell’uso prudente di antibiotici anche nel territorio e di strategie efficaci di controllo per bloccare la diffusione di batteri multiresistenti nelle strutture di assistenza.