Un consumo eccessivo di bibite gassate carbonate e zuccherate aumenterebbe il rischio di sviluppo di calcoli renali, secondo uno studio italo-americano. Svolgono invece effetti protettivi contro la loro insorgenza tè, caffè e succo d’arancia
Non più di una lattina a settimana di bibite gassate zuccherate: è questo il limite massimo consentito per non incorrere in un aumentato rischio – dal 23 al 33% – di sviluppare calcoli renali. Lo attesta un recente studio, condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con la Harvard University di Boston, che ha coinvolto 194 mila persone osservate per un periodo di 8 anni ed i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Clinical Journal of the American Society of Nephrology.
LO STUDIO – Non tutte le bevande sono uguali e apportano una corretta idratazione all’organismo, tanto che alcune possono avere addirittura un effetto dannoso sulla salute dei reni. Per arrivare a questa conclusione un pool di ricercatori ha analizzato la stretta relazione tra il consumo di 20 tipologie di differenti bevande – carbonate con e senza cola, sia con o prive di zucchero, succhi di frutta, birra, vino, superalcolici, caffè e decaffeinato, tè, latte e acqua – e la possibile insorgenza di calcoli renali in un campione generale di popolazione. «Le indagini condotte sulla diversa qualità di bevande – spiega Pietro Manuel Ferraro, nefrologo presso l’U.O. di Nefrologia e Dialisi dell’Università Cattolica CIC di Roma – hanno evidenziato da un lato che elevate quantità di bibite carbonate zuccherate sono correlate ad un maggior sviluppo di calcoli, e dall’altro hanno dimostrato l’azione protettiva nei confronti di questa patologia di caffè e tè, fino ad ora demonizzati per il loro quantitativo di ossalato che ne è un fattore responsabile». Stesso ruolo nella riduzione dell’insorgenza di calcolosi è riconosciuto anche a birra, vino e succo di arancia.
I RISULTATI – C’è una ragione in più per evitare il consumo di bevande carbonate zuccherate. «Esse – continua ancora il nefrologo – influenzano lo sviluppo di condizioni quali l’obesità o il diabete che sono alla base o aumentano le probabilità di insorgenza di calcoli». Una patologia in continua crescita fra gli italiani: circa tre mila casi ogni 100 mila abitanti, secondo le ultime stime e i cui capisaldi di cura si fondano proprio sulla corretta idratazione. Gli studi si orienteranno ora a valutare l’ipotesi che queste bevande agiscano direttamente anche sui reni. «La ragione dell’associazione riscontrata – ha concluso Ferraro – potrebbe essere ricercata nell’aumento dell’escrezione urinaria di calcio, ossalato e acido urico a causa del fruttosio contenuto nelle bibite». In attesa delle conferme, meglio limitarsi al consumo di lattine raccomandato dagli esperti.
Fonte Fondazione Veronesi