Una recente indagine del Censis definisce la polmonite come una patologia sottovalutata dagli italiani: solo 1 su 2 è in grado di individuarne i fattori di rischio.
di Alessia Addari
Via libera della Commissione Europea all’estensione d’uso di Prevenar13, vaccino coniugato 13 valente per le malattie causate dallo pneumococco negli over 50. è la prima volta che un vaccino coniugato (già utilizzato da 10 anni per la protezione dei bambini nei primi anni di età) viene indicato anche per gli adulti: la coniugazione garantisce infatti una protezione efficace e duratura anche in coloro che, a causa dell’età, hanno difese immunitarie “invecchiate”, per effetto di quello che gli specialisti definiscono “immunosenescenza”. “Il vaccino coniugato crea una memoria immunologica e genera una protezione che dura nel tempo. – afferma Paolo Bonanni, Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Firenze – Questo significa che basta un’unica somministrazione per avere una produzione di anticorpi sufficientemente elevata e un’immunità di lunga durata soprattutto negli adulti che, tra l’altro, sono più esposti al rischio di contrarre la polmonite da pneumococco in forma grave.” Lo pneumococco è in assoluto il patogeno più frequentemente implicato nelle polmoniti, in qualunque fascia d’età. L’infezione da pneumococco colpisce prevalentemente i bambini fino a 2 anni e, negli adulti, vede l’incidenza salire dopo i 50 anni e raggiungere il suo picco dopo i 65. In questa fascia d’età, in particolare, è responsabile fino al 60% di tutti i casi di polmonite. “L’infezione – spiega Francesco Blasi, Professore di Medicina Respiratoria dell’Università degli Studi di Milano – può presentarsi anche in forme gravi ed essere quindi associata ad un’elevata mortalità: circa l’80% delle patologie gravi causate dallo pneumococco negli adulti/anziani sono polmoniti batteriemiche, in cui l’infezione non resta confinata ai polmoni, ma invade anche il sangue, e tramite questo può compromettere altri organi”. Nel 2009 la polmonite ha rappresentato la 6° causa di ospedalizzazione in Italia e, secondo i dati dell’ISTAT nel 2008 ha causato il decesso di 6.905 persone con più di 65 anni. I principali fattori di rischio per contrarre una patologia da pneumococco sono: l’età (bambini e anziani), il fumo, la riduzione delle difese immunitarie e la presenza di malattie croniche cardiache, respiratorie e epatiche; altri fattori di rischio significativi sono il diabete e l’insufficienza renale. Una recente indagine condotta dal Censis su un campione di 1.200 italiani dai 50 agli 80 anni mostra però come tali fattori di rischio siano largamente sottovalutati. Secondo lo studio, infatti, l’85% degli over 50 dichiara di non sentirsi anziano e solo 1 italiano su 2 percepisce la propria età o le comuni patologie croniche (es. malattie cardiovascolari e diabete) come fattori di rischio. Pertanto il 70% degli intervistati dichiara di non essere potenzialmente in teressato alla vaccinazione poiché non si riconosce come soggetto a rischio. “La polmonite – afferma Ketty Vaccaro, Responsabile Settore Welfare del Censis – resta quindi confinata nella sua accezione popolare di malanno conseguente all’esposizione al freddo e all’aggravarsi dell’influenza. Tuttavia rimane confermato il ruolo del medico di famiglia che per il 75,5% degli intervistati appare sempre determinante nell’orientare la scelta alla vaccinazione”. “In Italia, come del resto anche in Europa, non esiste di fatto una cultura dell’immunizzazione per gli adulti tranne che per il vaccino anti-influenzale che in molte Regioni raggiunge una copertura del 75%. – afferma Michele Conversano, Gruppo di lavoro sui vaccini della Società Italiana di Igiene (SItI) – Bisogna ricordare, invece, che la polmonite da pneumococco è una patologia seria, non stagionale, infatti il batterio circola tutto l’anno, e che può essere efficacemente prevenuta. Il vaccino anti-pneumococco rappresenta un’opportunità e ha il vantaggio di essere somministrato in un’unica dose. Questo facilita enormemente l’utente, i servizi pubblici e i medici che lo propongono. Certamente – conclude Conversano – è importante accrescere ancora la cultura della prevenzione nell’adulto sia presso il pubblico generale che tra i medici di famiglia per i quali sono necessari momenti di formazione, informazione e condivisione di obiettivi in quest’area.”
Quell’insidioso Batterio
Intervista a Francesco Blasi – Professore di Medicina Respiratoria dell’ Università degli Studi di Milano.
Lo pneumococco è un batterio responsabile di diverse patologie. Quali sono e quali fasce d’età risultano maggiormente esposte?
L’infezione da pneumococco è molto diffusa e comprende una serie di affezioni invasive a carico dell’alveo respiratorio: otiti, faringiti e forme più profonde, come la polmonite e la riacutizzazione della bronchite cronica. Il batterio colpisce sostanzialmente due fasce di età: i bambini e gli adulti sopra i 50 anni. Nei bambini, in particolare, lo pneumococco ha una frequenza di colonizzazione molto elevata, soprattutto nell’età infantile quando cominciano a frequentare la scuola materna. Questa colonizzazione molto frequente, considerato il forte uso di antibiotici in età pediatrica, porta spesso alla selezione di ceppi di Streptococcus pneumoniae resistenti agli antibiotici, in particolare alla mpenicillina ed ai macrolidi. La presenza di ceppi resistenti crea così un circuito di patogeni con chi ha a che fare con i bambini, ovvero i genitori e i nonni, perché l’infezione si trasmette molto facilmente mtramite le goccioline che noi emettiamo parlando, tossendo e starnutendo. Nei bambini, l’elevata mincidenza di polmoniti da Streptococcus pneumoniae è stata ridotta in maniera notevole dall’introduzione del vaccino eptavalente, ed ancor di più dal vaccino 13valente. La vaccinazione dei bambini ha inoltre indotto una riduzione delle infezioni anche nell’adulto, con il cosiddetto “effetto gregge”: vaccinare una parte della popolazione induce un effetto positivo anche nella parte di popolazione non vaccinata. Questo effetto si è verificato in particolare laddove la vaccinazione dei bambini è stata effettuata in maniera estensiva.
Lo pneumococco è la principale causa di polmoniti. Qual è la sua prevalenza e quali conseguenze può avere, in particolare negli adulti e negli anziani?
Lo pneumococco è in assoluto il patogeno più frequentemente implicato nelle polmoniti, in qualunque fascia d’età e setting di pazienti (non ospedalizzati, ospedalizzati o in terapia intensiva). Negli over 65, in particolare, è responsabile del 20-60% di tutti i casi di polmonite, un dato la cui variabilità dipende esclusivamente dal tipo di test applicato per effettuare la diagnosi (coltura dell’espettorato, emocoltura, ricerca dell’antigene urinario e test più sensibili come le metodiche di biologia molecolare). La polmonite è un’infezione che può presentarsi anche in forme gravi ed essere quindi associata ad un’elevata mortalità. La presenza di ceppi resistenti agli antibiotici, in particolare, può condizionare un andamento della malattia più difficile. L’associazione con un aumento della mortalità non è in realtà mai stata dimostrata, tuttavia aumentano le complicanze, come ad esempio la presenza di un versamento pleurico o di empiema, cioè di pus all’interno del cavo pleurico. L’infezione da pneumococco nell’età adulta vede l’incidenza salire dopo i 50 anni e raggiunge il suo picco dopo i 65 anni. Da questo nasce la nuova indicazione alla vaccinazione negli adulti al di sopra dei 50 anni, per seguire la crescita della curva epidemiologica.
Oltre all’avanzare dell’età, quali sono i principali fattori di rischio che costituiscono indicazioni alla vaccinazione?
I fattori di rischio coinvolti nell’infezione sono tutti quelli che agiscono sulla risposta immunitaria. Anche le comorbilità hanno un ruolo importante, soprattutto quelle respiratorie, cardiovascolari em iatrogene (dovute cioè ad altri trattamenti medici, come per esempio la splenectomia, ovvero l’asportazione della milza e terapie con farmaci che riducono le risposte immunitarie come il cortisone) che inducono una ridotta resistenza agli agenti patogeni a livello delle vie aeree. Altri fattori di rischio significativi sono il diabete e le forme di insufficienza renale. Le indicazioni alla vaccinazione sono dunque simili a quelle del vaccino antinfluenzale, con la differenza che il vaccino anti-pneumococco è consigliabile già dai 50 anni, mentre quello antinfluenzale è indicato dopo i 65 anni, anche se non è sbagliato vaccinarsi prima, soprattutto in presenza di comorbilità importanti.