Le nanopatologie: alla scoperta delle minacce invisibili nel nostro corpo
A cura di Raffaella Quieti Cartladge
Dott.ssa Gatti cosa sono le nanopatologie?
Sono patologie indotte dalla presenza di corpi estranei nei tessuti corporei; cioè particelle micro e nanodimensionate.
Occorre premettere che l’uomo può ammalarsi a causa di parassiti, batteri e virus.
Ma polveri con dimensioni simili a quelle dei batteri, micrometriche e dei virus, nanometriche possono indurre patologie a causa della loro interazione, negativa con i tessuti biologici e con le cellule.
Ma da dove vengono queste polveri?
Queste possono essere generate da vulcani o dalle combustioni di inceneritori.
Però possono essere create volontariamente in laboratorio per scopi di studio o commerciali.
Infatti, viste le proprietà uniche di queste nanoparticelle le si impiega per indurre nuovi prodotti da utilizzare in vari settori: dall’edilizia, alla cosmetica al cibo alla Nanomedicina.
Questi polveri così piccole che rischio possono comportare per la salute umana una volta che persone ne subiscano l’esposizione?
Particelle di dimensione micrometrica ad esempio 10 micron (PM10) è risaputo possono indurre patologie polmonari tanto che la Comunità Europea le ha già normate dando valori ben definiti di esposizione ambientale non superiore a 50microgrammi/metro cubo per non più di 35 giorni anno.
Le nanoparticelle cioè polveri con dimensione da 0 fino a 100 micron non sono ancora normate e i misuratori di concentrazione negli ambienti non sono così comuni.
Mentre le polveri micrometriche in genere danno una reazione granulomatosa cioè vengono attaccate dai macrofagi una volta nei tessuti biologici, non essendo queste degradabili, vengono circondate da cellule giganti che le isolano dal contesto tissutale. Si crea così il granuloma. Le nanoparticelle invece con la loro capacità unica di entrare dentro la cellula hanno la possibilità di interagire con organelli del citoplasma ma anche col DNA danneggiandolo. Dal momento che i sistemi di difesa intracellulari sono inadeguati per questo nuovo tipo di “aggressore” si possono indurredelle interazioni col RNA e DNA che possono indurre un danno irreversibile ed ereditabile.
Potrebbe spiegarci il suo approccio investigativo nello studio delle patologie correlate alle particelle micro e nano?
Dal momento che fra le osservazioni diagnostiche fatte dall’istopatologo con un microscopio ottico e quelle successive di parametri di biologia molecolare analitiche ci sono almeno 3 ordini di grandezza di vuoto si è ritenuto importante andare a vedere i tessuti patologici con una nuova tecnica di microscopia elettronica a scansione che permette alti ingrandimenti.
Utilizzando come fonte di luce un fascio di elettroni è possibile vedere queste polveri micro e nanometriche e assegnare a loro un valore patologico. Tramite una microsonda a raggi X di un sistema a “dispersione d’energia” è poi possibile identificare la loro composizione chimica e ipotizzarne l’origine. Il lavoro investigativo, infatti, consiste dopo la loro identificazione capire quale è stata la porta d’ingresso del corpo umano il tragitto di trasferimento fino al punto di analisi. A questo punto interviene lo scienziato dei materiali che vista la composizione può facilmente identificare il generatore. In alcuni casi la chimica è così complessa che si deve rinunciare e identificare la particella come prodotto di una combustione/esplosione accidentale che unisce elementi aerosolizzati in una nuova particella.
Come vengono identificate e analizzate queste particelle nei campioni biologici dei pazienti?
Una microsonda a raggi X di uno spettroscopio a Dispersione d’Energia, che è stata inserita nel microscopio, eccita la superficie della particella e raccoglie gli effetti dell’eccitazione. Questi effetti provengono da salti quantici degli elettroni più esterni degli atomi presenti nella particella. Ogni atomo ha una conformazione unica di elettroni (e protoni) tanto da essere una specie di carta identità unica . E’ ovvio che bisogna essere degli esperti di fisica per interpretare gli spettri che scaturiscono da questa eccitazione.
Quali sono le sfide principali nell’identificare il ruolo delle particelle nelle patologie dei pazienti?
Per prima cosa occorre identificare il campione chirurgico più “significativo” per l’indagine di microscopia elettronica. Abbiamo visto che nei tessuti patologici affetti da cancro primario vi era una concentrazione importante tra il tessuto malato e la parte sana.
Quella zona è la più significativa per le nostre indagini.
Quali progressi recenti sono stati compiuti nella comprensione del legame tra esposizione alle particelle e sviluppo di malattie nei pazienti?
Le analisi che facciamo su campioni di tessuto affetti da cancro e da patologie senza diagnosi hanno tutte evidenziato la presenza di corpi estranei ed in alcuni casi attraverso un lavoro anamnestico col paziente si è potuto correlare la presenza delle particelle con quella di polveri simili nell’ambiente in cui il paziente era vissuto.
Altre indagini di nanotossicologia hanno evidenziato un meccanismo di autofagia da parte delle cellule e l’ingresso di nanoparticelle all’interno della cellula.
I vaccini Covid19 che contengono nanoparticelle come nanoliposomi hanno anche in questo caso dimostrato la loro incorporazione all’interno della cellula. A questo punto avviene una nanobiointerazione con organelli del citoplasma ma anche col DNA quando avviene la mitosi della cellula, è da questa probabile nano biointerazione che può derivare un danno al DNA e l’innesco di un cancro.
Quali sono le prossime tappe della sua ricerca e quali sono le aree su cui intende concentrarsi in futuro?
La nostra ricerca è proiettata, se viene finanziata, verso le patologie pediatriche. Già abbiamo pubblicato due articoli sulle patologie delle morti in culla (Sudden Infant Death Syndrome) grazie alla collaborazione con la Fondazione Lino Rossi dell’Università di Milano. Questa ricerca ha potuto verificare la presenza di corpi estranei nel cervello di bimbi già in età molto precoce (3-9 mesi). Noi vorremmo verificare soprattutto i tumori di età pediatrica per poter fare una prevenzione efficace per i bambini.
Quali consigli o precauzioni consiglierebbe al pubblico per proteggersi dall’esposizione a queste particelle potenzialmente dannose?
Purtroppo viviamo in un ambiente inquinato e l’inquinamento cresce di giorno in giorno.
Inquinamento che non è solo inalatorio, ma anche digestivo dovuto a cibo esposto ad un inquinamento ambientale, ma anche industriale.
I cibi che compriamo al supermercato sono stati lavorati industrialmente e spesso sono additivati con molti composti che a loro volta possono contenere contaminazioni. Dal momento che l’industria non fa controlli per identificare corpi estranei non digeribili ritengo che sia impossibile proteggersi. L’unica prevenzione possibile è mangiare cibi molto semplici che provengono da fattorie di cui si è sicuri che una agricoltura sana sia applicata senza pesticidi e altri composti chimici.