di Cristina Florio – humanitasalute.it
Chi parte con le dovute precauzioni, ad esempio un kit del primo soccorso, ha con sè tutto l’occorrente per evitare il panico in caso di piccole emergenze. Ma cosa fare in caso di incidenti come una brutta caduta, un principio di annegamento o una banale scottatura? Lo abbiamo chiesto al Dottor Stefano Ottolini, Responsabile del Pronto Soccorso di Humanitas.
AL MARE
In caso di un principio di annegamento
Si definisce semi-annegamento il quadro clinico di una vittima che ha sì inalato acqua,ma che è ancora viva e può essere soccorsa e salvata. I principali segnali e sintomi sono: tosse (se è accompagnata dall’emissione di espettorato rosato o rosso è indice di estrema gravità); dolore al torace; respirazione corta e frequente; colorito bluastro della pelle (cianosi); raramente convulsioni; in casi particolarmente gravi si possono manifestare perdita di coscienza ed arresto cardiocircolatorio. Cosa fare in attesa dell’arrivo dell’ambulanza? – Rimuovere la vittima dall’acqua al più presto – somministrare ossigeno – procedere al ricovero ospedaliero urgente anche se le condizioni generale della vittima dovessero migliorare – mai tentare di vuotare i polmoni dall’acqua: si potrebbe involontariamente indurre il vomito alla vittima, con pericolo di inalazione del materiale emesso.
IN CASO DI COLPO DI CALORE
Quando fa molto caldo ed è presente un tasso di umidità elevato l’organismo aumenta la produzione di sudore che evaporando rinfresca la superficie del corpo abbassando la temperatura interna. I liquidi che vengono eliminati con il sudore devono però essere tempestivamente integrati, altrimenti si verifica il colpo di calore. A essere a rischio sono in particolare le persone che praticano sport nonostante il caldo, chi ha l’organismo più delicato come bambini e anziani e chi ha problemi cardiovascolari e respiratori. Il primo disturbo è un senso di malessere diffuso, seguito nell’arco di brevissimo tempo da mal di testa anche intenso, nausea e battito cardiaco accelerato. Come reazione, compare spesso anche febbre oltre i 39°C, e a volte addirittura perdita dei sensi. Per evitare di arrivare allo svenimento è importante agire subito ai primi sintomi. Cosa fare? “La prima regola è di mettersi in un luogo all’ombra, meglio se fresco e ventilato. Se è possibile, fare delle spugnature con acqua fredda per ridurre il calore e bere a piccoli sorsi un paio di bicchieri di acqua minerale naturale a temperatura ambiente. Quindi, mangiare frutta (ottimi se non si è allergici un paio di kiwi), oppure bere una spremuta di agrumi diluita con dell’acqua minerale per reintegrare i sali perduti. Infine, è fondamentale stare a riposo per una giornata e mangiare molta frutta e verdura in modo da aiutare il corpo a ritrovare le sue forze”.
ATTENZIONE AL SOLE
Il sole in vacanza è spesso sinonimo di “tintarella” ma bisogna non abusarne o comunque proteggersi perché in caso di scottature come è meglio comportarsi? Innanzitutto è bene sapere che la scottatura può essere di due tipi: eritema e ustione. L’eritema solare è il primo gradino della scottatura: sono a rischio in particolare tutti quelli che hanno poche difese naturali contro il sole e in prima linea chi ha la carnagione chiara. I sintomi si manifestano in genere dopo un’incongrua esposizione ai raggi solari: la pelle è molto rossa, brucia, se si avvicina la mano alla zona colpita si avverte il calore che fuoriesce attraverso i «pori» e si può sentire un leggero dolore nelle zone più arrossate. Cosa fare? “Per migliorare lo stato della pelle – spiega il Dottor Ottolini – si deve fare subito una doccia con l›acqua quasi fredda per detergere bene la pelle ed eliminare residui di creme solari e doposole. Quindi applicare un prodotto contro le scottature solari: ce ne sono anche a base di sostanze naturali, come la calendula. Se però c’è anche dolore, oppure se non c’è miglioramento nell’arco di mezza giornata, utilizzare facendo attenzione a non eccedere e seguendo le indicazioni, controindicazioni, posologia e modalità d’uso riportate nel foglietto illustrativo del prodotto, una crema o un’emulsione a base di corticosteroidi. In genere nell’arco di un paio di giorni l’eritema si risolve, a patto però di non stare al sole e neppure sotto l’ombrellone, dal momento che i raggi solari penetrano anche attraverso la tela”. L’ustione solare è il secondo gradino della scottatura. Di solito è legata a un’esagerata esposizione ai raggi solari, succede per esempio a chi continua a stare al sole anche se ha già un eritema. I sintomi sono gli stessi dell’eritema solare, ma amplificati. La pelle infatti è di un colore rosso-violaceo, fa male a toccarla ed è leggermente gonfia. Spesso inoltre c’è qualche linea di febbre e brividi. Nell’arco di mezza giornata la parte scottata si riempie di piccole bolle molli al tatto e piene di liquido trasparente. Cosa fare? “Le bolle non vanno rotte – prosegue il Dottor Ottolini – perché si potrebbe infettare la pelle sottostante che è molto delicata. Per lo stesso motivo è bene non togliere l›epidermide quando le bolle si rompono da sé, ma lavare la parte ‘spelata’ con un detergente fluido delicato a base di avena colloidale che ha un effetto lenitivo e asciugare con un telo di cotone morbido. Applicare due volte al giorno una crema cortisonica con antibiotico e in caso di febbre, assumere un farmaco ad esempio a base di paracetamolo (ma in questi casi è bene consultare preventivamente un medico). Si può tornare in spiaggia quando le bolle sono scomparse e non c›è più l›epidermide che le ricopriva. La parte del corpo che si è ustionata è però molto delicata e va protetta con una crema solare a fattore di protezione alta”.
SE I NEMICI VENGONO DAL MARE
E se un pesce velenoso rovina l’uscita di snorkeling (immersione in superficie)? Sono molti i pesci che possono essere velenosi, persino nei nostri mari. Nel mediterraneo infatti ci sono lo scorfano, le razze, il pesce ragno, la tracina. Sono pesci particolari perché hanno la capacità di mimetizzarsi bene nella sabbia e tra le rocce in acque anche molto basse. Proprio per questo non è così difficile calpestarne uno, oppure appoggiarci sopra inavvertitamente una mano. Non sono pesci aggressivi ma come tutti gli altri animali non bisogna né toccarli né disturbarli. La puntura di questi pesci rappresenta un’esperienza difficile da dimenticare: il dolore infatti è lancinante, intenso e pulsante. Man mano che trascorrono i minuti, il dolore si irradia a tutta la parte del corpo colpita e la zona diventa rossa e gonfia. Talvolta inoltre possono comparire febbre, malessere generale. Cosa fare? “La prima regola è quella di immergere subito – per almeno trenta minuti – la parte ferita in acqua calda, la massima temperatura sopportabile prestando attenzione a non ustionarsi. Questo perché l’acqua calda ha la capacità di inattivare la tossina; in mancanza di acqua calda, avvolgere la parte colpita in un fazzoletto e coprire con la sabbia calda; se però è già passato qualche minuto dal contatto, fare un impacco di acqua fredda che riduce l’assorbimento del veleno. Quindi pulire subito la ferita: controllare se sono rimaste all’interno della pelle delle spine e in tal caso rimuoverle con una pinzetta: è un’operazione che va fatta con molta delicatezza e cautela, per evitare una loro rottura, oppure che penetrino ancora di più nella pelle. Infine, è bene rivolgersi al medico: oltre a un farmaco antidolorifico, in genere viene prescritta una cura antibiotica per debellare il rischio di un’infezione e talvolta anche la vaccinazione antitetanica”. Che fare, invece, se si inciampa su un riccio di mare? “Togliere i pezzi degli aculei rimasti nella pelle con l’aiuto di una pinzetta a punta stretta e di uno spillo, dopo averli sterilizzati. Fare attenzione a non spezzare gli aculei e a toglierli completamente. Disinfettare con mercuro cromo oppure con una pomata antibiotica e applicare un cerotto”.