L’Italia è tra i Paesi UE a destinare meno risorse alla spesa sanitaria pubblica, con un tasso di crescita e un disavanzo, negli ultimi anni, relativamente bassi. Nello specifico la spesa farmaceutica italiana pro-capite rappresenta l’esempio di questa situazione: nel 2000 era superiore del 19% rispetto alla media OCSE, calando all’8% nel 2002, mentre dal 2003 la situazione si è invertita ponendo la spesa farmaceutica italiana pro-capite sotto la media della spesa nei Paesi OCSE, fino ad arrivare al 2009 ad una differenza dell’ordine del 16%.
In Italia, il settore della farmaceutica mostra un maggior impatto sulla produzione più che sulle vendite: se per la produzione in EU l’Italia è seconda solo alla Germania, per quanto attiene l’export, è la prima in assoluto (con evidenti ricadute in termini economici per il Paese). Nel 2013 la crescita è stata del 14% a un ritmo del + 64% negli ultimi 5 anni. Questo dato si scontra con la burocrazia che rallenta la crescita, i prezzi più bassi dell’EU e un’innovazione che arriva spesso in ritardo.
È quanto emerge dal Simposio Daiichi Sankyo “Governo della Spesa e crescita industriale: il nuovo assetto regolatorio del farmaco in un’ottica di sostenibilità” che si è svolto a Montesilvano (Pe) all’interno del XXXV° Congresso Nazionale della SIFO, dove i relatori coinvolti, partendo dalla consapevolezza che una “buona politica” di crescita industriale necessita di un impianto regolatorio funzionale, hanno discusso e analizzato i core themes della farmaceutica, tra i quali: lo svincolo dal FSN del Fondo per la Farmaceutica, l’attribuzione all’AIFA della responsabilità di definizione di un budget farmaceutico, anche in funzione dell’epidemiologia di riferimento; la partecipazione attiva all’interno delle commissioni AIFA di tutti gli attori coinvolti nella definizione e razionalizzazione della spesa pubblica (INPS, MEF, Ministero dello Sviluppo Economico); la review dei tetti di spesa farmaceutica.
“Il recente Patto della Salute ha ribadito come il governo della spesa debba essere collegato direttamente alla crescita industriale e come tale ‘produttività’ si possa tradurre in ricchezza da reinvestire ‘pro crescita PIL’. È sostanziale, però, che tale reinvestimento sia parte integrante del finanziamento del settore farmaceutico e non rappresenti un’ulteriore copertura per altri capitoli di bilancio. È fondamentale credere e creare fiducia nel rilancio della Farmaceutica, attraverso una riflessione oggettiva sul potenziale saving rappresentato dai nuovi farmaci ed è imprescindibile un approccio economico-sanitario, anche alla luce del nuovo impulso ad una reale implementazione dell’HTA, il cui ruolo viene rafforzato nell’articolo 27 del Patto” – dichiara Francesco Mennini, Reserach Director, CEIS EEHTA, Facoltà di Economia, Università Tor Vergata, Roma. “Malgrado l’evidenza che i Paesi che hanno mantenuto strategie di non penalizzazione dell’industria farmaceutica abbiano in questo settore un bilancio finanziario esportazioni/importazioni favorevole, il farmaco è stato tolto dalle priorità industriali del nostro Paese che rimane quindi sottoposto ad un bilancio dei pagamenti negativo, in un settore fondamentale per la salute” – continua Mennini. “L’attività regolatoria, dunque, tesa sempre più al contenimento dei costi, deve porre attenzione anche alle prospettive di sviluppo delle imprese, da cui deriva un beneficio in termini di valore aggiunto, non solo monetario, ma anche di miglioramento e allungamento della vita. Appare naturale ed intuitivo concepire ed interpretare l’evoluzione del concetto di costo della sanità verso quello d’investimento per la salute”. – conclude Mennini.