Introduzione del Professore Giuseppe Castaldo
Sovrappeso e obesità sono problemi sempre più diffusi e da anni gli sforzi della medicina si sono concentrati nella ricerca rimedi adeguati, anche la dieta oloproteica va in questa direzione e rappresenta una vera e propria terapia, molto efficace nella cura del soprappeso e dell’obesità. I fondamenti teorici di questa dieta sono gli studi del Prof. Blackburn della Harvard University che, studiando i fenomeni metabolici che si presentano durante il digiuno, ha determinato con precisione i bisogni proteici dell’organismo e ha dimostrato che una privazione calorica (cioè un’assenza completa di carboidrati) può neutralizzare l’effetto anabolico dell’insulina sul metabolismo dei grassi, cioè in altre parole l’accumulo di adipe. Infatti senza insulina è interferita la lipogenesi (la sintesi del grasso). Osservando i fenomeni che si verificano nel digiuno assoluto, Blackburn ha appurato che apportando delle piccole quantità di proteine si ottenevano dei leggeri cambiamenti nella risposta metabolica ed era possibile neutralizzare il bilancio azotato negativo (frutto della distruzione delle proteine), quindi i pericoli del digiuno assoluto potevano essere eliminati ingerendo delle proteine prive di carboidrati. Nel corso di questi studi Blackburn ha calcolato con precisione la quantità di proteine da assumere durante il digiuno per proteggere la massa magra ed è arrivato alla conclusione che essa debba oscillare da 1,2 a 1,5 g per chilo di peso ideale (considerando che il fabbisogno normale giornaliero è di 1 gr.). Ha dimostrato dunque che è possibile raggiungere risultati importanti senza gli eccessi di proteine caratteristici delle diete iperproteiche ed è nata così la dieta proteica di Blakburn che protegge l’equilibrio azotato, la massa magra, e cancella la fame grazie allo stato di chetosi che l’accompagna. Partendo dagli studi di Blakburn è stata ideata e successivamente perfezionata alla fine degli anni ‘90 la Dieta Olioproteica. La dieta oloproteica è stata elaborata da un equipe di studiosi italiani con a capo il Prof. Giuseppe Castaldo, responsabile U.O. di Dietologia e Nutrizione Clinica A.O.R.N. e di Alta Specialità “San Giuseppe Moscati” di Avellino, che ha coniato per lei il termine di “liposuzione alimentare”, caratterizzata dai seguenti elementi innovativi: 1) utilizzo di aminoacidi stimolanti la sintesi del GH e di sieroproteine purificate con un apporto pari a 1,4 g per chilo di peso ideale in entrambi i sessi 2) una quota di glucidi oscillante tra i 10 e 20 g al giorno (sono i glucidi presenti nelle verdure) ed una quota di lipidi pari a 10 g al giorno (2 cucchiaini di olio extravergine di oliva) 3)assunzione delle quote proteiche per il 50% con specifici integratori e per l’altro 50% con alimenti selezionati 4) durata di 21 al fine di ottenere una efficacia terapeutica senza effetti collaterali 5) integrazione con minerali alcalinizzanti per modulare l’acidosi metabolica e le sue conseguenze cliniche determinate dalla produzione di sostanze acide quali i corpi chetonici 6) integrazione precisa di minerali ( in particolare potassio, magnesio e calcio) che vengono significativamente perduti durante il processo chetogenetico 7) supplementazione secondo un preciso protocollo di oligoelementi, vitamine, FOS, omega3, fitoterapici ad azione drenante ed uricosurica, epatoprotettiva e modulante l’ipertono simpatico determinato frequentemente da tali tipologie dietetiche 8) inserimento della dieta oloproteica in un metodo dimagrante che prevede oltre la dieta oloproteica anche l’utilizzo di diete ipocaloriche che si ispirano alla dieta mediterranea al fine di migliorare e stabilizzare il dimagrimento ed attuare un programma di rieducazione alimentare. Con la dieta oloproteica si ha la diminuzione del glucosio con conseguente attivazione del catabolismo dei trigliceridi presenti negli adipociti (cellule del grasso). La lipoproteinlipasi (un enzima in grado di scindere i trigliceridi) idrolizza i trigliceridi in acidi grassi e glicerolo, il glicerolo è ossidato a livello del fegato in glucosio, il 40% degli acidi grassi prodotti vengono utilizzati direttamente nel lavoro muscolare, mentre l’altro 60% subisce una betaossidazione a livello epatico con la formazione di Acetil-CoA. Dalla successiva sintesi di due molecole di Acetil-CoA si forma l’acido acetacetico, questo si trasforma in acetone ed acido beta-idrossi-butirrico. Questi tre composti vengono denominati corpi chetonici. La formazione dei corpi chetonici produce molti effetti positivi nell’organismo: forniscono l’energia di cui ha bisogno nel corso della cura dietetica (si sostituiscono, come carburante, al glucosio), inoltre facilitano l’utilizzazione degli acidi grassi liberi da parte del cervello, che trasforma la sua fonte energetica utilizzando per l’80% del suo metabolismo i corpi chetonici che sono trasportati dal sangue e che passano le membrane cellulari liberamente fornendo energia alle cellule. In pratica l’organismo utilizza un carburante di riserva (i corpi chetonici) che attinge direttamente dal grasso accumulato, senza intaccare minimamente la massa magra. Durante la cura, l’apporto quasi esclusivo di proteine che rappresenta un apporto calorico molto basso, obbliga l’organismo ad utilizzare le proprie riserve di grasso (carburante di riserva). La formazione dei corpi chetonici è la chiave metabolica che permette, sciogliendo il grasso, di ottenere i migliori risultati senza carenze energetiche e in perfetto benessere. I corpi chetonici non svolgono soltanto un ruolo energetico, infatti essi vengono utilizzati dal cervello anche per produrre effetti psicotonici e antidepressivi, con aumento delle facoltà intellettive e miglioramento dell’umore. I corpi chetonici, inoltre, stimolano il centro della sazietà, situato nell’ipotalamo, inducendo un effetto fisiologico antifame e conseguente inibizione della sensazione di fame a partire dal secondo-terzo giorno dell’inizio della dieta oloproteica. La dieta oloproteica non ricorre all’apporto di farmaci, vengono infatti utilizzati esclusivamente integratori aminoacidico-proteici, minerali, vitamine ed altre numerose sostanze naturali per rendere sicuro ed efficace il metodo dimagrante, garantendo la salvaguardia della massa magra e del tono dei tessuti. Non è una dieta che si può improvvisare ma una vera e propria cura che va elaborata da un medico esperto e va seguita per un tempo limitato, 3 settimane, durante il quale è garantita la perdita del 7-10% del peso di partenza. Per ottenere il risultato dell’eliminazione del grasso viscerale si basa soltanto sulla fisiologia metabolica e può essere utilizzata solo da parte di soggetti sani, o affetti da sindrome metabolica, o da segni di prediabete, nel rispetto di tutti i criteri medici. D’altra parte anche correre è un atto fisiologico, ma se si corre senza nessun allenamento e per un tempo superiore alle proprie possibilità di resistenza si può andare incontro a conseguenze gravi. La dieta oloproteica va inserita in una adeguata strategia terapeutica, molto personalizzata e comunque, dopo le tre settimane, va sempre alternata ad una dieta ipocalorica, con un preciso rapporto tra proteine, carboidrati e grassi, e con una specifica indicazione della distribuzione del cibo nell’arco della giornata, con uno schema che deve rispettare cinque pasti. Inoltre è fondamentale associare un’assunzione giornaliera di acqua non inferiore ai 2 litri.
La dieta oloproteica è stata denominata “liposuzione alimentare” dal Prof. Castaldo perché il suo effetto è sorprendente sulle adiposità localizzate, ovvero su quelle zone del corpo, maschile e femminile, dove il tessuto adiposo presenta un metabolismo diverso rispetto alle altre parti dell’organismo. Il tessuto adiposo ha un metabolismo molto attivo che è costituito da due sistemi enzimatici, quello della liposintesi che favorisce l’accumulo di grasso, e quello della lipolisi che favorisce lo scioglimento della massa grassa. Questi sistemi enzimatici, nelle zone di adiposità localizzata, vengono attivati dagli ormoni. L’insulina ed il cortisolo attivano la liposintesi a livello addominale. Nella donna, agisce anche l’influenza degli ormoni femminili (estrogeni), che stimolano l’accumulo di grasso creando in tal modo una riserva energetica utile per fornire acidi grassi durante la lattazione. Le zone più interessate a questo accumulo sono i fianchi. Un approccio dietetico classico è inefficace nei confronti delle adiposità localizzate. Nel 1997 due studiosi, T. M Loftus e M. D. Lane, hanno dimostrato che, sul piano genetico, l’insulina e gli estrogeni agiscono nei meccanismi metabolici che portano all’adipogenesi (cioè all’accumulo dei grassi), e nello stesso tempo hanno evidenziato il ruolo del GH (Growth Hormon, il cosiddetto ormone della crescita)) nei meccanismi di inibizione della adipogenesi. La conseguenza di queste scoperte è che una dieta capace di ridurre i tassi circolanti di insulina e di aumentare i tassi nel sangue di GH è in grado di ridurre le adiposità localizzate. La dieta oloproteica, continua a riscuotere un crescente consenso scientifico ed un grande successo tra le persone a cui è stata prescritta. Questa terapia dietetica è accompagnata da un’ampia casistica e da molte sperimentazioni internazionali, in Italia i protocolli eseguiti hanno riguardato oltre ventimila casi e tutti con degli eccellenti risultati. Ma insieme alla dieta occorre correggere anche lo stile di vita e l’eccessiva sedentarietà camminando almeno mezz’ora al giorno a passo sostenuto e in modo continuativo perché qualsiasi dieta, per dare i massimi risultati ha bisogno di essere accompagnata dal movimento e studi recenti hanno confermato che fare regolare attività fisica aerobica migliora la insulinoresistenza presente costantemente nei soggetti obesi e riduce i livelli epatici di grassi in individui obesi sedentari, e conseguentemente il rischio di steatosi epatica non alcolica (accumulo di grasso nel fegato). L’evidenza arriva da un gruppo di ricerca australiano che ha valutato le concentrazioni di grassi a livello ematico, epatico, addominale e muscolare, monitorandole attraverso indagini di risonanza magnetica e di spettroscopia protonica a risonanza magnetica (1H-MRS): lo svolgimento regolare per quattro settimane di attività aerobica ha determinato una significativa riduzione volumetrica del tessuto adiposo a livello addominale, pari al 12%; un decremento nella concentrazione di trigliceridi a livello epatico (21%) e plasmatico (14%), pur senza alcuna diminuzione di peso corporeo. In conclusione la dieta oloproteica se correttamente attuata è sempre efficace, assicura una rapida perdita di peso senza sensazione di stanchezza, senza perdita di tono muscolare e dell’elasticità dei tessuti. Essa contribuisce alla cura della sindrome metabolica, ottenendo una normalizzazione delle alterazioni metaboliche, quali l’ipercolesterolemia, l’ipertrigliceridemia, l’ipertensione arteriosa, la insulinoresistenza evidenziata dal miglioramento o dalla normalizzazione dell’indice HOMA, contribuendo alla cura del diabete non insulino dipendente ed è strumento fondamentale per curare l’obesità.
I vantaggi della dieta oloproteica
Sicurezza, essa infatti è una terapia rigorosamente medica, la cui applicazione si conforma a norme rigorose seguite da medici esperti, in grado di valutare le indicazioni, le controindicazioni e i controlli necessari. Rapidità della perdita di peso, che motiverà il paziente a portare a termine la cura. Mancanza della sensazione di fame, che si verifica a partire dal secondo-terzo giorno per la produzione di corpi che tonici, considerati anoressizzanti fisiologici. Protezione della massa muscolare, grazie all’apporto ottimale di proteine ed aminoacidi; infatti la perdita di peso interessa esclusivamente la massa grassa, rispettando la massa magra, in particolare il miocardio (il muscolo cardiaco). Tolleranza ottima della cura, grazie alla proprietà dei corpi chetonici che e all’apporto di proteine il paziente conserva il suo tono muscolare, dinamismo e buonumore, aumentando la fiducia in se stesso e nella possibilità di essere in grado di prendersi cura della propria salute.