Pescara, terza tappa della campagna di sensibilizzazione sull’Artrosi 2013, promossa dalla SIR, Società Italiana di Reumatologia. Il format, il cui slogan è “Invito per cittadini e medici: insieme… parliamone”, si è rivolto a pazienti e cittadini, ma anche a medici di famiglia e specialisti, tutti insieme per conoscere una patologia che ad oggi rappresenta un’importante causa di disabilità per milioni di persone, con un pesante impatto sulla qualità di vita, sulle possibilità di relazione e sui costi assistenziali, tanto che secondo l’OMS circa il 25% degli adulti sopra i 25 anni è affetto da disabilità e dolore collegati a questa malattia.
Di tutto questo abbiamo parlato con il Professor Giovanni Minisola, Past President della Società Italiana di Reumatologia e Direttore Divisione di Reumatologia dell’Ospedale di Alta Specializzazione San Camillo di Roma.
Pescara come terza tappa di “Artrosi, una signora intrattabile?”.
Professore , quali gli obiettivi di questa campagna?
L’obiettivo principale è quello di richiamare l’attenzione e sensibilizzare
rispetto a una malattia diffusa ed erroneamente considerata
ineluttabile. L’Artrosi è la più comune malattia reumatica
nel mondo e in Italia. E’ stato calcolato che annualmente l’Artrosi
interessa 209 milioni di individui negli Stati Uniti, in Europa e in
Giappone, molti dei quali in età lavorativa e produttiva. In Italia i
soggetti colpiti sono circa 5 milioni, con una leggera prevalenza per
il sesso femminile. Oltre all’importanza della malattia in termini di elevato numero
dei soggetti colpiti, ci sono altri fattori che contribuiscono a fare
dell’Artrosi una condizione clinica di particolare interesse. In molti
casi, infatti, l’Artrosi è una condizione disabilitante; la localizzazione
al ginocchio, ad esempio, è associata a un grado di compromissione
invalidante simile a quello delle malattie cardiovascolari.
L’Artrosi coesiste spesso con altre condizioni cliniche, quali il diabete
e l’iperuricemia, che aggravano la malattia articolare.
Nella maggior parte dei casi i pazienti affetti da Artrosi non sono
del tutto consapevoli delle caratteristiche della loro malattia ne
sono bene informati circa le opportunità terapeutiche oggi disponibili.
Una patologia, l’Artrosi, dagli importanti risvolti sociali ed economici.
In che modo poter far fronte alle conseguenze ed
all’avanzare della malattia?
L’Artrosi è stata fino a poco tempo fa considerata
un ineluttabile processo di invecchiamento, in grado di compromettere
inevitabilmente la qualità di vita e di fronte al quale occorreva
rassegnarsi già in giovane età. Oggi tale modo di vedere è da considerare
errato e anacronistico. L’età alla quale oggi si associa il concetto di “ v e cc h i a i a ” si è spostata
di almeno 20 anni rispetto alla prima metà del secolo scorso
ed è cresciuta parallelamente l’attesa di una vitavnon condizionata da
situazioni o malattie, come l’Artrosi, che riducono il grado di autonomia dell’individuo.
Una longevità attiva, oggi realizzabile, prevede
di invecchiare conservando il più a lungo possibile
condizioni fisiche e intellettuali ottimali per
ridurre, e se possibile evitare, il rischio della dipendenza
da altri. Patologie croniche, come l’Artrosi, rappresentano un’importante potenziale
causa di disabilità per milioni di persone, con un pesante impatto sulla qualità di vita, sulle
possibilità di relazione e sui costi assistenziali.
Oggi, tuttavia, questa malattia reumatica
deve essere considerata una condizione che
si può prevenire e curare mediante interventi
di correzione dei fattori di rischio, diagnosi
precoce e appropriatezza terapeutica. In altre
parole: l’artrosi non è intrattabile.
La prevenzione fonda sulla correzione degli stili di vita sbagliati sin
dall’età giovanile e sull’informazione corretta.
Cruciale per il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e cura
risulta il rapporto medico-paziente e la reciproca comunicazione,
con l’obiettivo di porre nella giusta luce un’importante patologia
dagli importanti risvolti sociali ed economici, di pianificare trattamenti
tempestivi e di organizzare percorsi gestionali appropriati.
Quanto alla diagnosi, occorre che sia precoce, precisa e circostanziata.
Inoltre, a seconda della localizzazione, vi sono segni
e sintomi che orientano più precisamente
verso la malattia. I reumatologi hanno la necessaria competenza
per indicare ilv giusto percorso di prevenzione e per suggerire
i trattamenti più opportuni ed efficaci nel singolo caso.
Fondamentale, al fine di poter arginare il
più possibile l’Artrosi, è la realizzazione di
un piano di prevenzione efficace e tempestivo.
Quali segni indirizzano verso la diagnosi
corretta e quali le novità in campo
terapeutico?
L’Artrosi della colonna, nota anche come
spondiloartrosi, può coinvolgere, isolatamente
o contemporaneamente, i diversi segmenti
del rachide. La spondiloartrosi è una
condizione estremamente frequente e segni
radiologici indicativi di tale patologia cominciano
a manifestarsi a partire dai 30 anni. L’Artrosi del rachide cervicale è classicamente associata a sintomatologia dolorosa e funzionale. La compromissione delle radici
dei nervi spinali determina manifestazioni algoparestesiche (come
formicolii, disturbi della sensibilità) lungo gli arti superiori. L’Artrosi
localizzata alla colonna dorsale è poco vistosa dal punto di
vista radiologico e i sintomi ad essa collegati sono meno importanti
rispetto alla localizzazione nei tratti cervicale e lombare. L’Artrosi
della colonna lombare è particolarmente frequente ed è molto
spesso causa di lombalgia; le manifestazioni radicolari associate
si manifestano sotto forma di cruralgia o sciatalgia. Le manifestazioni
artrosiche a carico delle mani devono essere prontamente
differenziate da quelle tipiche delle reumopatie infiammatorie; i
segni clinici, laboratoristici e strumentali consentono una diagnosi
differenziale accurata. La localizzazione dell’Artrosi alle anche
(coxartrosi) causa dolore al movimento e limitazione funzionale,
quella in corrispondenza delle ginocchia determina deformità articolari,
difficoltà e compromissione del movimento, dolore specie
in seguito a carico protratto e scendendo le scale.
La terapia prevede l’impiego di farmaci antidolorifici e anti-infiammatori,
da usare per brevi periodi, e di protettori della cartilagine.
Di sicura utilità, specie quando la localizzazione della malattia è
limitata a poche articolazioni periferiche o quando una localizzazione
è prevalente, è la terapia intra-articolare con cortisone e acido
ialuronico.
La disponibilità di più formulazioni di acido ialuronico, le più recenti
delle quali prodotte con tecnologia moderna e innovativa,
consente oggi di attuare un trattamento personalizzato, che sia
allo stesso tempo anti-infiammatorio, protettivo della cartilagine e
utile sotto il profilo biomeccanico. L’acido ialuronico, infatti, per le
sue caratteristiche singolari, è in grado di svolgere non solo un’attività
di controllo dei sintomi, ma anche azioni favorevoli sull’evoluzione
della malattia e sulle sue modifiche degenerative. I risultati
dei numerosi studi effettuati dimostrano che gli effetti della terapia
intra-articolare con acido ialuronico sono molto favorevoli e
si caratterizzano per elevata efficacia e alto profilo di sicurezza e
tollerabilità.