Di Alessia Addari
Una malattia prevalentemente al femminile, che colpisce il 7-8% delle donne in premenopausa e arriva al 10-15% nel periodo post-menopausale, andando ad aggravare e a confondersi con alcuni disturbi tipici di questo periodo quali, irritabilità, aumento del peso, perdita della memoria, difficoltà di concentrazione, insonnia, dolori muscolari.
Appena 1 italiano su 5 conosce le malattie della tiroide, che colpiscono milioni di nostri connazionali. È il primo dato che emerge dall’indagine DOXA condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana di età superiore a 15 anni. L’ipotiroidismo, la patologia tiroidea più diffusa, da solo riguarda il 5% della popolazione italiana, un dato analogo, ad esempio, a una malattia come il diabete (4,9% gli Italiani che ne soffrono, secondo l’ISTAT) giustamente oggetto di una grande attenzione sociale. Stiamo, infatti, parlando di oltre 2,5 milioni di persone. Tra gli intervistati da Doxa che affermano di conoscere le malattie della tiroide, spesso (51%) è ancora presente un’immagine da vecchie tavole anatomiche, con gozzi enormi che non si vedono più e occhi sporgenti (37%), simili alle immagini cinematografiche di Marty Feldman. Queste immagini allontanano dal riconoscimento della reale importanza delle malattie della tiroide. Infatti, l’ipotiroidismo è ritenuto una malattia seria e limitante solo dal 7% degli italiani mentre in realtà 1 paziente su tre dichiara di soffrire di importanti disagi fisici. Una malattia apparentemente facile da riconoscere (secondo il 46% degli intervistati) viene in realtà diagnosticata nella maggior parte dei casi molto tempo dopo l’inizio dei primi sintomi, giustificando l’appellativo di “malattia insospettabile”, proprio perché si pensa all’ipotiroidismo solo dopo aver escluso tutte le altre possibili malattie. Anche i dati sulla prevenzione inducono a riflettere, con il 70% degli italiani che dichiara di non aver mai fatto un controllo della funzionalità della tiroide. “Quando la tiroide non funziona, tutto l’organismo va in sofferenza” – spiega Aldo Pinchera, studioso di fama internazionale, Professore Emerito di Endocrinologia, Università di Pisa. “La tiroide contribuisce a regolare i processi metabolici, la contrattilità cardiaca, il tono dei vasi, i livelli di colesterolo, il peso corporeo, la forza muscolare, il trofismo della pelle e dei capelli, il ritmo delle mestruazioni, lo stato mentale e ancora tante altre funzioni: un delicato motore che deve lavorare al meglio per mantenere in perfetto equilibrio l’organismo. Per questo motivo è consigliato eseguire le prove di funzionalità tiroidea con una semplice analisi del sangue nei soggetti a rischio, quando c’è familiarità, e in età neonatale o in gravidanza.
Con questo obiettivo ogni anno promuoviamo la Settimana della Tiroide, che nel 2012 si svolgerà dal 18 al 25 maggio, con iniziative dedicate proprio all’informazione e alla prevenzione.
Trattare bene l’ipotiroidismo e in genere tutte le malattie della tiroide è cruciale in gravidanza. – conclude il Professor Pinchera – Va anche sottolineata l’estrema importanza della prevenzione e, in particolare, la corretta nutrizione in termini di iodio, soprattutto, e non solo, nella donna gravida. Il tema della iodioprofilassi sarà al centro delle manifestazioni della settimana mondiale della tiroide indetta per la fine di maggio con il titolo La tiroide è donna – La tiroide e la gravidanza”. “Quando la tiroide lavora poco, come appunto nell’ipotiroidismo, anche le funzioni dell’organismo rallentano” – dice Paolo Vitti, Professore ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa. “Di conseguenza si notano frequenza cardiaca più lenta, facile sensazione di freddo e stanchezza, pelle più secca, gonfiori, memoria più labile, riflessi lenti, depressione e stitichezza. In 90 casi su cento, si tratta di una forma lieve, in grado di provocare sintomi sfumati. Per stabilire se nel sangue le quantità di ormoni tiroidei sono normali o alterate, occorre dosare T3, T4 e l’ormone tireostimolante TSH. Quest’ultimo è prodotto da un’altra ghiandola endocrina, l’ipofisi, situata alla base del cervello, che ha il compito di controllare a sua volta l’attività della tiroide. Quando gli ormoni tiroidei aumentano nel sangue, l’ipofisi produce meno TSH nel tentativo di ridurre l’attività tiroidea; se invece diminuiscono, ne produce quantità maggiori per stimolare la tiroide a lavorare di più. Per sostituire o integrare l’ormone che la tiroide non produce e riportare a valori normali il T4 e il TSH e normalizzare le funzioni del corpo, è necessario assumere farmaci a base di tiroxina (ormone tiroideo) in dosi che il medico stabilisce paziente per paziente”.
I SINTOMI
L’ipotiroidismo si associa in modo caratteristico ad un rallentamento generalizzato delle funzioni corporee. Si osserva un rallentamento dell’attività fisica e di quella mentale, della funzione cardiovascolare, di quella gastrointestinale e di quella neuromuscolare. I sintomi tendono ad apparire gradualmente, nell’arco di un lungo periodo di tempo. Il rallentamento del metabolismo negli anziani viene considerato un cambiamento naturale dovuto all’età; pertanto, una condizione di ipotiroidismo senile risulta spesso misconosciuta. I sintomi tipici dell’ipotiroidismo sono: •sensazione di freddo •depressione, sbalzi d’umore •rallentamento del ritmo cardiaco •sonnolenza diurna, anche dopo aver dormito tutta la notte •stanchezza e affaticamento per attività lieve, crampi e indolenzimento muscolare •difficoltà di concentrazione •aumento di peso •alterazioni del ciclo mestruale •gonfiore diffuso da ritenzioni idrica •stipsi •cute secca e ruvida •gonfiore del viso •voce rauca •caduta dei capelli, capelli secchi e fragili •perdita di memoria (nelle persone anziane può rappresentare l’unico segno di ipotiroidismo) •ritardo nella crescita e nello sviluppo quando la patologia si manifesta nell’infanzia Questi sintomi possono peggiorare nel tempo man mano che la funzione della tiroide si va deteriorando, sino a giungere, negli stadi più avanzati di malattia al, coma. A peggiorare il quadro clinico c’è un possibile atteggiamento del malato ad “adattarsi” e ad accettare una “vita al rallentatore”.
LE CAUSE
Le cause principali di ipotiroidismo sono rappresentate da:
• Malattie autoimmuni. Accade quando il sistema immunitario che protegge il corpo dall’invasione di infezioni scambia le cellule della tiroide ed i loro enzimi per invasori e li attacca. Di conseguenza la tiroide sotto attacco non è più in grado di produrre abbastanza ormoni. La tiroidite autoimmune, più comune nelle donne che negli uomini, può iniziare improvvisamente o può svilupparsi lentamente nel corso degli anni. Le forme più comuni sono la tiroidite di Hashimoto e la tiroidite atrofica.
• Rimozione chirurgica di parte o di tutta la tiroide. Alcune persone con noduli alla tiroide, od altre gravi malattie necessitano dell’asportazione di parte o di tutta la tiroide. Se viene rimossa l’intera tiroide, si stabilisce una condizione di ipotiroidismo. Se viene lasciata parte della ghiandola, questa potrebbe essere in grado di produrre abbastanza ormoni tiroidei da mantenere normali i valori del sangue.
• Radiazioni. Alcune persone con malattie gravi, gozzo nodulare o cancro alla tiroide, vengono curate con iodio radioattivo allo scopo di rendere inattiva la tiroide. Tutti questi pazienti possono perdere parte o tutta la funzione della tiroide.
• Ipotiroidismo congenito (cioè presente fin dalla nascita). Alcuni bambini nascono senza la tiroide o con una ghiandola formata solo parzialmente. Alcuni hanno parte o tutta la tiroide nel posto sbagliato (tiroide ectopica).
• Tiroidite. La tiroidite è un’infiammazione della tiroide, causata, di solito, da un attacco autoimmune o da un’infezione virale. La tiroidite può far scaricare il suo intero “rifornimento” di ormoni tiroidei nel sangue nello stesso tempo, causando un ipertiroidismo breve, seguito da una fase in cui la tiroide diventa ipoattiva come risposta.
• Farmaci come l’amiodarone, il litio, l’interferone alfa e l’interleukina-2 possono impedire alla ghiandola tiroidea di produrre ormoni normalmente. Questi farmaci possono causare ipotiroidismo. • Iodio, in eccesso o in difetto. La tiroide deve avere iodio a sufficienza per poter produrre gli ormoni tiroidei. Lo iodio viene introdotto nell’organismo con il cibo e arriva attraverso il sangue alla tiroide. Assumere troppo iodio tuttavia può causare o peggiorare l’ipotiroidismo.
• Danni all’ipofisi. L’ipofisi regola la produzione ormonale della tiroide. Quando l’ipofisi è danneggiata da un tumore, radiazioni o intervento chirurgico, potrebbe non essere più capace di dare correttamente istruzioni alla tiroide e questa, a sua volta, potrebbe smettere di produrre ormoni a sufficienza.
• Rari disturbi alla tiroide. In alcune persone, a causa di rare malattie, si depositano nella tiroide sostanze anomale, danneggiandone la funzionalità. Ad esempio l’amiloidosi può depositare proteine amiloidi, o l’emocromatosi può depositare ferro.
DIAGNOSI
La corretta diagnosi dell’ipotiroidismo è fatta valutando i sintomi, l’anamnesi medica e di famiglia, il controllo della tiroide, la valutazione dei sintomi oggettivi presenti (quali pelle secca, riflessi e battito cardiaco lenti) e il controllo dei parametri ematici di TSH, FT4, FT3 attraverso dei semplici esami del sangue. In caso di diagnosi positiva è importante avvertire i membri della propria famiglia poichè le malattie della tiroide possono essere ereditarie.
LA TERAPIA
L’ipotiroidismo è trattato con una terapia a base di ormoni tiroidei, ovvero di levotiroxina. Si tratta di un trattamento integrativo: il paziente assume quella quantità di ormone che il suo organismo non è in grado di produrre autonomamente. Generalmente si inizia con una piccola dose che viene in seguito gradualmente aumentata fino al raggiungimento della dose appropriata. Stabilita la dose ottimale è indispensabile controllare la funzionalità tiroidea periodicamente per valutare la costante adeguatezza della terapia. Un’assunzione appropriata di levotiroxina è praticamente priva di effetti collaterali e la maggior parte delle persone in terapia è in grado di condurre una vita assolutamente normale.