Disturbi mentali negli adolescenti: aumentano i fenomeni di autolesionismo e l’uso di sostanze
Il fenomeno, acuitosi in seguito alla pandemia da Covid-19, vede protagonisti i minori in età adolescenziale e pre-adolescenziale. A lanciare l’allarme il Coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani, attraverso un documento inviato al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio. Che cosa sta succedendo ai nostri figli?
Autolesionismo, tentativi di suicidio, disturbi del comportamento alimentare e uso di sostanze: in pieno boom i disturbi mentali tra i giovani e i giovanissimi, mentre si impoveriscono i servizi di Salute Mentale. È l’allarme lanciato dal Coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani, attraverso un documento inviato al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio. Il fenomeno, acuitosi in seguito alla pandemia da Covid-19, vede protagonisti i minori in età adolescenziale e pre-adolescenziale.
Si è parlato di questo durante il workshop “Le istituzioni incontrano la SALUTE MENTALE – Verso l’incontro di Roma del 18 Maggio 2023”, organizzato dal Coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale con Motore Sanità, rivolto ai Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani, con l’obiettivo di mettere la Salute Mentale al centro delle agende di governo nazionale e regionali.
OSTACOLI CULTURALI ED ECONOMICI
“L’attuale organizzazione dei 128 Dipartimenti di Salute Mentale è poco funzionale rispetto ai nuovi bisogni – commenta Michele Sanza, Direttore DSM-DP Forlì-Cesena AUSL Romagna. La separazione tra il Centro di Salute Mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile rende più difficoltosa l’integrazione degli interventi su molti pazienti con comorbilità, spesso in transizione per ragione di età. Occorre quindi rivedere l’attuale organizzazione, premiando soprattutto i percorsi trasversali che compiono i pazienti, favorendo l’integrazione tra le competenze specialistiche necessarie e migliorando l’offerta qualitativa. Abbiamo maturato un patrimonio notevole di conoscenze sui disturbi mentali, che però trova scarsa applicazione perché l’implementazione delle terapie evidence based è attualmente impossibile, per ragioni di scarsità di risorse e di preparazione culturale. Non esiste un settore di medicina dove il ritardo sull’implementazione delle conoscenze scientifiche è tale come nella salute mentale”.
DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE ALLO STREMO
“In Italia cresce il numero delle persone che presentano un disturbo mentale grave (più del 6% della popolazione generale), crescono i bisogni specifici (migranti, autori di reato, senza fissa dimora, bambini e adolescenti) e i disturbi emotivi comuni (20% della popolazione generale, con aumento vertiginoso dopo la pandemia) e, allo stesso tempo, diminuiscono le risorse a disposizione della sanità in generale (dal 6,8% del PIL al 6,1% nel 2023) e della salute mentale in particolare (in media il 3% del FSN, a fronte di una quota del 5% fissata dalla CU Stato-Regioni nel 2001)”. Lo afferma Giuseppe Ducci, Direttore del DSM della ASL Roma 1. “I Dipartimenti di Salute mentale sono allo stremo e non riescono più a garantire i LEA. D’altro canto la presa in carico di un paziente grave necessità di continuità, prossimità e di un’èquipe multidisciplinare che nessun privato può o vuole offrire. La soluzione? Finanziare i DSM e riportare la salute mentale, con tutte le sue implicazioni politiche, sociali e di sicurezza al centro dell’interesse collettivo.”
VANNO RIVISTE ALCUNE NORME DEL CODICE PENALE
“Questa situazione è stata acuita dal doveroso percorso di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, conclusosi con la legge 81/2014”, sottolinea Enrico Zanalda, Direttore Dipartimento interaziendale di salute mentale ASL TO3. “A distanza di quasi nove anni abbiamo ben presente quali siano le criticità dell’attuale situazione che è stata giudicata pericolosa dalla sentenza numero 22/2022 della corte costituzionale. I percorsi di cura dei pazienti con infermità mentale autori di reato sono, nel 90% dei casi, misure di sicurezza non detentive a carico dei Dipartimenti di Salute Mentale. Le 31 Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) che le regioni hanno realizzato, garantiscono un totale di circa 600 posti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive. Queste vengono però comminate in numero maggiore e inoltre i pazienti restano nelle REMS per dei tempi non sempre adeguati, per cui vi sono altrettanti pazienti in lista di attesa a livello nazionale. E’ una situazione che dovrà essere affrontata regolando meglio i flussi dei pazienti in entrata e in uscita dalle REMS, attraverso una migliore collaborazione con dei DSM potenziati e attraverso la modificazione di alcune norme del codice penale che risalgono ancora al codice Rocco del 1930 non in sintonia con la moderna concezione comunitaria della Psichiatria”.
Il prossimo step sarà discutere di questi punti con la componente politica, al fine di trovare soluzioni. Appuntamento il 18 maggio a Roma, presso l’Hotel Nazionale (Sala Capranichetta) in Piazza di Monte Citorio 125 dalle ore 10.30 alle 17.