Lo studio, pubblicato su The Journal of Positive Psychology, ha contato sulla partecipazione di 658 studenti universitari ai quali è stato chiesto di tenere un diario per 13 giorni su cui prendere nota delle esperienze fatte e degli stati emotivi vissuti. Dall’analisi dei dati è emerso semplicemente che gli studenti si sentissero più entusiasti e in grande forma i giorni dopo aver fatto qualcosa di creativo.
Gli hobby più comuni erano la scrittura di testi per canzoni, la scrittura creativa (brevi racconti e poesie); cucire e fare l’uncinetto; disegnare, dipingere o fare degli schizzi; il design grafico e digitale; suonare uno strumento o cantare.
Il legame tra creatività ed emozioni è innegabile, dicono i ricercatori
Molti studi, però, si sono concentrati sull’effetto – tanto come stimolo quanto come ostacolo – delle emozioni sulla creatività e non tanto sull’effetto di quest’ultima sul benessere emotivo. Il team ha visto invece che provare sentimenti come la felicità, la gioia, l’eccitazione e l’entusiasmo in un certo giorno (il cosiddetto “effetto positivo”) non preparasse il terreno all’attività creativa il giorno successivo.
Precedenti ricerche condotte dallo stesso team avevano dimostrato che l’effetto positivo sembrasse invece aumentare la creatività nell’arco della stessa giornata; i nuovi dati indicano invece l’effetto benefico dell’hobby creativo sullo stato di benessere il giorno seguente. Ecco perché ipotizzano la sussistenza di un circolo virtuoso: essere creativi in una giornata fa star meglio il giorno dopo e questo benessere è probabile che alimenti la creatività in quello stesso giorno.
«Le attività di cui parlano gli autori di questo studio sono in parte attività di puro svago, come l’uncinetto, e quindi utili a liberare la mente per concentrarsi su questioni operative; in parte sono invece attività ad alta espressione emotiva, quelle più “creative”, dalla scrittura al disegno. Tuttavia – spiega il dottor Paolo Amami, neuropsicologo e psicoterapeuta dell’ospedale Humanitas – la creatività non sempre fa rima con benessere psicologico. La storia ci dimostra come tanti capolavori dell’arte o della letteratura siano nati da condizioni di grande sofferenza».
Il benessere come stato ottimale da raggiungere
«In ogni caso – sottolinea lo specialista – il campione coinvolto in questa ricerca oltre a essere limitato è peculiare: si tratta di studenti universitari e difficilmente i risultati potrebbero essere riferiti a un campione più ampio ed eterogeneo».
I ricercatori usano il termine “flourishing” per indicare la piena salute mentale su cui la creatività sembra avere effetto: «Si tratta di un concetto derivato dalla psicologia sociale. Sono tre le sue dimensioni fondamentali: l’emozione positiva, il benessere psicologico (caratterizzato, tra l’altro, da accettazione di sé, autonomia, definizione di obiettivi) e il benessere a livello sociale (essere accettato dagli altri, partecipazione, integrazione, ad esempio). Da questa prospettiva lo “stare bene” non si esaurisce pertanto nel non manifestare problematiche psicologiche e patologie mentali. Si può considerare questa forma di benessere come uno stato ottimale verso cui tendere, e la creatività può essere un mezzo per costruire parte di questo benessere. Questa attutidine rientra in alcuni dei criteri che definiscono l’essere “flourishing”, come la crescita personale e la propensione a fissare degli obiettivi nella propria vita», conclude il dottor Amami.
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