Il nesso fra depressione dei genitori e dei figli adolescenti non dipende dal genere. Gli esperti scoprono l’influenza del padre
Per molto tempo la psicologia è andata avanti come se bambini e giovanissimi fossero orfani di padre. In effetti qualunque malessere d’ordine psicologico-psichiatrico avessero i figli, la «colpa» veniva data alla mamma. La ragazzina è anoressica? Per carità, allontanarla subito dalla madre. Depressa/o? Per forza, con una madre così. Anche autismo e schizofrenia venivano imputati al suo comportamento, finché per queste due malattieè stato scoperto un correlato biologico. Ora dall’University College London arriva una ricerca su adolescenti depressi e sull’eventuale influenza di un padre a sua volta depresso. Mentre il legame tra le depressioni madre-figli è stato ben studiato, – ricordano i ricercatori londinesi – il nostro è il primo studio a trovare un legame con il padre. E la loro indagine è stata ospitata sulla rivista The Lancet Psychiatry.
Gemma Lewis, responsabile della ricerca, annota: «La falsa idea che le madri siano più responsabili per la salute mentale dei figli, mentre i padri sarebbero meno influenti, è molto diffusa. Noi, invece, abbiamo accertato che il nesso tra la depressione dei genitori e dei figli adolescenti non è legato al genere. Gli interventi di terapia familiare per prevenire la depressione spesso mettono al centro la madre, ma i nostri risultati dicono che bisogna guardare anche ai padri». L’indagine ha utilizzato i dati di due grandi studi sulla salute in corso in Galles, Inghilterra e Irlanda, di modo che hanno potuto analizzare quasi quattordicimila famiglie. Nelle due coorti sono stati indagati i figli all’età di 7-9 anni, rivisti poi, da adolescenti, a 13-14 anni. L’inizio dell’adolescenza è un periodo in cui si scatenano molti casi di depressione.
Fatta la tara per altri fattori di rischio, come in ogni ricerca scientifica, alla fine è risultato netto il dato per cui c’è spesso un «passaggio» dal padre ai figli di uno stato di depressione. «Ma gli uomini tendono a non cercare un medico per curare il loro tono dell’umore, tuttavia se così non fanno rischiano di avere un impatto negativo sul figlio/a. Noi ci auguriamo di influenzare i maschi, con i nostri dati, e se non altro per proteggere figli, di indurli a consultare il medico», è il commento di Lewis, l’autore senior della ricerca di Londra. Studi precedenti avevano evidenziato come legati a una depressione paterna vissuti emotivi e comportamentali poveri, di basso rilievo. Ora finalmente è stata fatta un’indagine sul profilo di due generazioni nella depressione, conclude Lewis: «La salute mentale di ambedue i genitori dovrebbe costituire una priorità per prevenire la depressione negli adolescenti. C’è stata un’esagerata enfasi sulle madri, ma sono importanti anche i padri». Rivalutati (benché in negativo) nel loro ruolo di genitori, i padri «contagiano» i figli col loro pessimismo patologico o lo trasmettono per via genetica.
«La questione è di grande importanza. Ma prima voglio dire che questo studio dell’University College London è molto buono, ha esaminato tante famiglie e per parecchi anni», risponde Massimo Biondi, ordinario di psichiatria e direttore del dipartimento di scienze psichiatriche e medicina psicologica all’Università Sapienza di Roma. «La depressione si può trasmettere nei due modi». Che i disturbi dell’umore «circolino» in una stessa famiglia è noto, senza che si possa parlare della più forte e più deterministica ereditarietà. Si parla di familiarità. Ma che la depressione possa essere contagiosa…«L’influenza del padre può essere assorbita quando si è piccoli, quindi più “permeabili”, ed “esplodere” poi nell’adolescenza. Può avvenire secondo le teorie e i modelli della psicoanalisi oppure secondo la più recente teoria dell’attaccamento di John Bowlby (deceduto nel 1990). Sì, si è sempre più pensato alla madre», concorda Biondi. «Ma va detto che i padri piano piano hanno preso maggiore spazio nella gestione dei figli, non sono più quelli, assenti, degli anni Cinquanta. Da qui anche la loro maggiore influenza, così nel bene come nel male». Quanto alla trasmissione biologica, l’esperto osserva: «Passa attraverso i neurotrasmettitori. Se non è una trasmissione completa la depressione del padre può rendere i figli fragili, più suscettibili di subire l’ambiente, i modelli di pensiero che vengono appresi in casa». Cioè facilitare il contagio?
«Mah, se c’è un padre rinunciatario, oppresso dal senso della sconfitta, che non insegna a ribellarsi, a crearsi un’autostima. Che non insegna pensieri antidepressivi, anzi ti avverte: la vita è difficile, non ce la farai mai. Ora prenda un giovane, un adolescente che va verso la vita con questo bagaglio… Allora diventa importante la prevenzione nel padre che deve curarsi per la depressione così da non danneggiare il figlio». Finalmente è giunto il momento della parità dei ruoli?
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