Il campo di applicazione della chirurgia, negli ultimi decenni, ha allargato a dismisura i suoi confini. E tra l’altro, col tempo si è verificata una profonda inversione di tendenza fra le terapie conservatrici e chirurgiche. Fino a non molti anni or sono, le patologie suscettibili di trattamento chirurgico rappresentavano il fallimento della medicina, delle procedure cioè conservative, mentre gran parte delle metodiche chirurgiche avevano un effetto, se non chiaramente demolitivo, solo in parte e limitatamente riabilitativo.
I progressi delle conoscenze della fisiopatologia, e soprattutto
delle metodiche e delle tecniche chirurgiche, agevolate dalla incredibile evoluzione tecnica dei materiali e delle strumentazioni, hanno condotto ad un allargamento delle indicazioni e delle prospettive della chirurgia, la quale è divenuta più conservativa, più rispettosa della fisiologia, meno invasiva, più francamente orientata alla riabilitazione della struttura e delle funzioni dell’organismo.
Al perfezionamento delle tecniche chirurgiche ed al progresso dei materiali, ha fatto d’altro canto riscontro l’evoluzione delle metodiche anestesiologiche, cui hanno contribuito nuove farmacologie, nuovi strumenti tecnologici di controllo delle funzioni vitali, ma soprattutto nuove ed innovative concezioni del concetto della anestesia, improntata ad sempre più attento rispetto degli aspetti fisiologici del metabolismo. Come conseguenza, i rischi anestesiologici si sono praticamene annullati, consentendo interventi complessi e prolungati anche su pazienti portatori di patologie che un tempo non avrebbero consentito un regolare svolgimento dell’atto chirurgico. Tutto questo ha naturalmente condotto ad una maggiore complessità e delicatezza dell’atto chirurgico. Gli stessi operatori sono stati chiamati ad una forte esigenza di una sempre maggiore competenza e scrupolosità nell’esecuzione dell’intervento, il quale in definitiva è divenuto più complesso ed articolato. Per operatori, a questo punto, va sottolineato il concetto di “equipe” cui è affidata la corretta esecuzione dell’intervento chirurgico, dalla sua preparazione, dalla anestesia, dall’atto chirurgico vero e proprio fino al risveglio ed alla rianimazione del paziente. A tale “equipe” sono chiamati a far parte varie figure professionali, le cui funzioni, pur di diverso livello, sono essenziali ai fini della sicurezza della condotta dell’atto chirurgico. I rischi cui può andare incontro il paziente sottoposto ad un atto chirurgico, sia esso “semplice” che “complesso”, secondo una terminologia tecnica che non deve condurre ad interpretazioni errate sui vari gradi di responsabilità nell’esecuzione delle varie procedure che interessano l’atto chirurgico stesso, sono di diversa natura:
– rischio anestesiologico, determinato cioè dalla induzione, dal mantenimento della narcosi e dal risveglio e rianimazione dell’ammalato;
-rischio strettamente chirurgico, legato cioè alle manovre chirurgiche che debbono naturalmente rispettare delle procedure ben precise, ed evitare lesioni iatrogene agli organi sottoposti ad intervento;
– rischio settico, legato cioè alla possibilità che subentri una infezione del campo chirurgico con conseguente sepsi. Ognuna di queste diverse evenienze riconosce diversi livelli di responsabilità, che vanno dalla banale cura dell’igiene del complesso operatorio, alla sterilizzazione degli strumenti chirurgici, fino alle manovre rianimatorie da parte dell’anestesista.
La complessità delle attrezzature e degli impianti delle camere operatorie ha esaltato la professionalità degli addetti paramedici, ma ha creato contemporaneamente seri problemi di manutenzione e di approvvigionamento di eventuali scorte di materiale.
A questo scopo, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha elaborato, un programma “Safe Surgery Saves Lives”, nell’ambito di un più generale sollecitazione ai vari Stati membri di porre la massima attenzione al problema della sicurezza dei pazienti: la cosiddetta World Alliance for Patient Safety. Tale programma è finalizzato a riconoscere direttive comuni per gli operatori coinvolti in attività di camera operatoria, eseguire un monitoraggio nazionale ed internazionale sulla sicurezza dell’assistenza in sala operatoria.
Le linee guida sono state pubblicata nel 2008 “Guidelines for Safe Surgery” e si pongono l’obbiettivo di uniformare le procedure di controllo attraverso una “cheklist” per la definizione di standard di sicurezza da adottare nei diversi Paesi della OMS.
La “cheklist” scaturita da tali “Guidelines” va utilizzate da parte dei responsabili dell’assistenza in camera operatoria; tale cheklist è continuamente verificata e perfezionata mediante i suggerimenti delle Organizzazioni Nazionali appartenenti alla OMS.
Per quanto riguarda il quadro nazionale, Il Ministero della Salute e delle politiche sociali, e precisamente il Dipartimento della qualità, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei livelli di Assistenza e dei principi etici di Sistema Ufficio III -, ha messo a punto un manuale che si rivela prezioso a tutti gli operatori del Sistema Sanitario: Manuale per la sicurezza in sala operatoria : Raccomandazioni e Chek-List. Tale manuale prevede anche l’uso di video esplicativi per come va usata la cheklist, come strumento di informazione e formazione per gli operatori. L’uso di tale manuale si rivela, per la sua completezza ed accuratezza, come strumento prezioso, nel superiore interesse della salute del paziente