La Coxartrosi o artrosi dell’anca è una patologia cronico-degenerativa della cartilagine dell’anca dovuta a un’usura dei capi articolari che si instaura progressivamente e compromette la normale deambulazione. Ne abbiamo parlato con l’equipe del Professor Vincenzo Salini, Direttore della Clinica Ortopedica e Traumatologica dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti
Cos’è la coxartrosi?
L’ artrosi dell’anca, o coxartrosi, è la malattia che più comunemente colpisce l’anca del soggetto adulto. E’ una patologia a carattere cronico-degenerativo, che si instaura in maniera subdola e progressiva fino a diventare, in alcuni casi, fortemente invalidante.
Possiamo immaginarla come una sorta di “usura” dell’articolazione: lo strato di cartilagine che ricopre la testa del femore e la cavità acetabolare si assottiglia progressivamente fino a scoprire l’osso sottostante che, reagendo ad uno “stress” eccessivo, produce escrescenze ossee appuntite, dette “osteofiti”. Si raggiunge così un’ alterazione della forma normale della articolazione con conseguente perdita della sue funzioni.
Chi ne è colpito?
Normalmente la coxartrosi è caratteristica dei pazienti con età intorno ai 60 anni. Ciò accade soprattutto nelle sue forme primarie, cioè non conseguenti a cause specifiche e definite. Se si considerano le forme secondarie, cioè conseguenti a una precedente patologia, l’età media di insorgenza può ridursi fino ai 35-40 anni.
Quali sono le cause?
La coxartrosi primitiva o primaria non è legata a una causa specifica, o forse, più correttamente, essa non è ancora stata riconosciuta in maniera definita. Tuttavia i progressi eseguiti in ambito scientifico hanno portato a riconoscere diversi fattori che possono agire come concausa e che sono determinanti nella progressione della malattia. Ciò non solo ci ha aiutato a comprendere meglio l’evoluzione della patologia, ma ci permette quotidianamente di poterla trattare in maniera più specifica e quindi efficace, con conseguente maggiore beneficio per il paziente.
La coxartrosi secondaria può dipendere da disordini locali come in caso di pregresse fratture del femore e/o dell’acetabolo, patologie congenite e malattie dell’ infanzia, come la Displasia Evolutiva dell’Anca e la malattia di Perthes o da problematiche sistemiche, come ad esempio le patologie autoimmuni (es: Artrite reumatoide) o eccessive e protratte somministrazioni di corticosteroidi.
Come si manifesta?
Il paziente lamenta un tipico dolore, localizzato a livello dell’ inguine e del gluteo, detto “coxalgia”. Altrettanto caratteristica è l’“irradiazione” del dolore a livello della coscia, fino anche al ginocchio. La causa del dolore è soprattutto “meccanica”, cioè conseguente all’“utilizzo dell’articolazione”. Pertanto il paziente ha difficoltà a muovere l’anca e ancor di più a deambulare, mentre il dolore si riduce a riposo. Tipica è la “rigidità al mattino”, ossia la difficoltà ad iniziare il movimento dopo l’immobilità legata al riposo notturno. Il dolore, costante e progressivo, si associa spesso ad una “contrattura” dei muscoli della coscia, soprattutto del gruppo responsabile della rotazione esterna dell’arto inferiore. Il paziente ha infatti difficoltà a ruotare la punta del piede verso l’interno e semplici gesti come calzare una scarpa diventano molto faticosi oppure in alcuni casi addirittura impossibili.
Quali esami sono utili?
L’insieme dei segni e dei sintomi propri del paziente affetto da artrosi dell’anca è fortemente caratteristico e suggestivo, soprattutto per “occhi esperti”. Tuttavia per una diagnosi di certezza, è sufficiente una semplice radiografia del bacino e delle anche, meglio se eseguita in “ortostatismo”, ossia “in piedi”. Nei casi più complessi può essere necessario ricorrere ad esami specifici quali T.A.C. o Risonanza Magnetica.
Come si cura?
Poiché l’articolazione dell’anca è molto “profonda”, ossia è avvolta da un’importante quantità di tessuto muscolare e adiposo, le comuni terapie fisiche come ionoforesi o laser non sono molto efficaci. Il primo approccio è sempre di tipo medico farmacologico. Esso si basa sull’utilizzo di farmaci anti-infiammatori e analgesici al fine di ridurre il dolore e determinare, per quanto possibile, un miglioramento del quadro clinico del paziente. Purtroppo i farmaci assunti per via sistemica, soprattutto se per molto tempo, possono avere effetti collaterali anche importanti. Al fine di ridurre tali complicanze, la terapia infiltrativa ossia la somministrazione diretta del farmaco, mediante una iniezione all’interno dell’articolazione, si presenta come una soluzione efficace e con minori effetti collaterali. Eseguiamo questa procedura avvalendoci dell’ausilio di un ecografo, al fine di eseguire l’infiltrazione con minore dolore e senza rischi per il paziente.
Negli ultimi anni, la possibilità di somministrare direttamente all’interno dell’articolazione l’Acido ialuronico, ci ha fornito un’ arma efficace per il trattamento del paziente affetto da coxartrosi. L’acido ialuronico è una molecola fisiologicamente sintetizzata nel nostro corpo. Esso è normalmente responsabile del “benessere” dell’articolazione. Pertanto nei pazienti affetti da artrosi la somministrazione intra-articolare di acido ialuronico ad alto peso molecolare è finalizzata ad ottenere un trofismo della cartilagine ma soprattutto a creare all’interno dell’articolazione un effetto “cuscinetto”, al fine di ridurre il dolore meccanico, ossia legato alla deambulazione. In casi selezionati, come i pazienti “giovani”, abbiamo da qualche tempo iniziato ad eseguire, con incoraggianti risultati, anche infiltrazioni eco-guidate con P.R.P. Tale sigla sta per “plasma ricco di piastrine”. Esso è infatti un concentrato di fattori di crescita: si ottiene attraverso un processo di “centrifugazione” del sangue dello stesso paziente, ottenuto mediante un comune prelievo, e pertanto privo di effetti collaterali quali reazioni allergiche o rigetto. La sua azione è mirata a “rinvigorire” la cartilagine, cercando di rallentare la sua degenerazione e quindi l’evoluzione della malattia. Tuttavia, queste tecniche possono essere efficaci e permetterci di curare in maniera brillante solo alcuni tipi pazienti. La loro indicazione deve essere posta solo ed esclusivamente dallo specialista, al fine di evitare cure inutili o potenzialmente dannose. Purtroppo, sebbene nella faretra del chirurgo ortopedico siano disponibili molte frecce da scagliare, al fine di offrire un approccio conservativo e soddisfacente per la cura del paziente affetto da coxartrosi, l’unica terapia in grado di guarire un individuo malato è l’intervento chirurgico. Esso consiste, nella maggior parte dei casi, nell’impianto di un’artroprotesi, ossia nella ricostruzione “de novo” dell’articolazione, mediante componenti articolari metalliche. In questo modo il paziente viene dotato di una “articolazione nuova di zecca”. L’intervento chirurgico, rispetto al passato, può essere oggi condotto con tecniche nuove. Esistono infatti approcci “mini-invasivi”, ossia si possono eseguire tagli più piccoli, con conseguente riduzione del numero di complicanze e con risultati estetici migliori. L’ultimo ritrovato in termini di chirurgia protesica è la protesi “custom-made”. In casi specifici, la protesi può essere infatti realizzata “su misura” per il paziente, in base alle proprie specifiche caratteristiche. Normalmente la protesi viene scelta, come un vestito, in base alla “taglia del paziente” (ossia forma e grandezza della sua anca). Nel caso della protesi custom made, non si sceglie tra taglie pre-esistenti, ma la protesi viene realizzata selettivamente per quel paziente, proprio come un abito su misura, in maniera sartoriale ed è quindi adatta solo per lui e per nessun altro. Ciò, ci ha permesso di sottoporre ad intervento chirurgico, con brillanti risultati, anche pazienti con caratteristiche morfologiche particolari, soprattutto nei casi di coxartrosi secondarie, legate a malattie congenite e dell’ adolescenza o a pregresse fratture.
Quali consigli?
Ricordiamoci però che in ogni caso, “prevenire è meglio che curare”. Pertanto un corretto stile alimentare, una regolare attività fisica, anche per raggiungere e mantenere il peso ideale, sono necessarie al fine di evitare una precoce sofferenza e degenerazione delle nostre articolazioni.
Autori dell’articolo: Professor Vincenzo Salini, Dottor Daniele Vanni, Dottor Andrea Pantalone